L’ULTIMA CENA DI GESU’ CRISTO

QUANDO EBBE LUOGO E QUALE ERA IL SUO SIGNIFICATO


Si discute molto fra i teologi sulla questione se l’Ultima Cena di Gesù Cristo fosse un Seder di Pesach (Simposio della Pasqua ebraica)  oppure sia stata tenuta un giorno prima; cioè di Vigilia della  Festa Solenne e, in quel caso, quale fosse stato il suo significato. Questa discussione è legata alla distinzione fatta dai teologi tra la figura del Cristo storico e quella del Cristo reale. Sfugge a tutti questi dotti teologi che, inserendo quanto narrato nel Nuovo Testamento nel quadro complessivo della storia del popolo ebraico  (all’epoca  oppresso e disperso), risulta che la figura storica corrisponde a quella reale di un ebreo osservante che, come ricordato in Mt. 5,18/19, disse che “… non un iota non un apice passerà della Legge … “ e che “… chi invece li (i comandamenti, anche minimi ) avrà praticati e insegnati … sarà grande nel regno dei cieli”. Cioè dopo la venuta del Messia liberatore.

Per poter rispondere, riguardo all’Ultima Cena di Gesù Cristo, alle domande “quando ebbe luogo” e “quale era il suo significato” è necessario prima esaminare i resoconti degli Evangelisti per vedere di quali comandamenti, anche di quelli minimi, riferiscono l’esatta osservanza,  e se tengono conto delle reali condizioni di potere, all’epoca, in Giudea.    

Gli Evangelisti Sinottici, Matteo, Marco e Luca, che hanno scritto vari anni dopo l’Evento, basandosi forse su una fonte “Q”  non pervenuta, pare che  collochino, con descrizioni molto brevi, (Mt 26,20-29, Mc 14,17-25, Lc 22,14-38), l’Ultima Cena di Gesù alla prima sera della Festa  per cui sarebbe stato un Seder/Simposio di Pesach. Ma, e ciò non viene rilevato, non si accenna alla prescritta rievocazione dell’Esodo dall’Egitto (“Casa di schiavitù”) né all’Agnello Pasquale che deve essere mangiato proprio  al Seder/Simposio di Pesach, alla prima sera della Festa Solenne; né prima e né dopo. Quindi se non viene riferito che in quell’occasione sono stati osservati questi comandamenti fondamentali – e non minimi - come si può dire l’Ultima Cena sia stato un Seder/Simposio di Pesach?

Ma l’Evangelista  e Apostolo Giovanni, che era testimone, colloca, invece, l’Ultima Cena alla Vigilia,  in coincidenza col Digiuno dei Primogeniti, e dedica al resoconto gli interi capitoli 13 (1-38) e 14 (1-31). In particolare precisa che  stavano adagiati – Gv 14,23 – come prescritto poi per il vero e proprio Seder/Simposio di Pesach e vengono riportati i molti insegnamenti enunciati. L’Evangelista e Apostolo Giovanni parla  chiaramente di una riunione preparatoria di studio in vista del regolare Seder/Simposio di Pesach che doveva venire celebrato, nel pieno rispetto delle regole, la sera successiva, quando poi si mangiavano le azzime e l’Agnello Pasquale.  

I Vangeli Sinottici proseguono collocando un fantomatico processo sommario in Sinedrio proprio nella notte della Festa Solenne; non è chiaro quale sarebbe stato il capo d’imputazione. Al successivo mattino, sempre giorno di Festa Solenne, sarebbe poi avvenuta la presentazione del caso al Prefetto Pilato che alla fine, suo malgrado, avrebbe convalidato la condanna a morte autorizzandone l’immediata esecuzione. Il tutto in poche ore. Fino ai nostri giorni, questa narrazione viene evocata in appoggio all’infame accusa di Deicidio, che nei secoli fu il pretesto per tanti pogrom.  

L’Evangelista Giovanni,  come visto, colloca con una narrazione esauriente  l’Ultima Cena di Gesù Cristo alla sera della Vigilia, parla della cattura di Gesù da parte del Tribuno della coorte romana nella notte stessa e della Sua traduzione (insieme al Sommo Sacerdote in carica Caifa e il predecessore Annas), al successivo primo mattino, al Pretorio dove il Prefetto Pilato procede ad un sommario interrogatorio e, al termine, ordina la Crocifissione. Giovanni riferisce anche come i sinedriti Giuseppe di Arimatea e Nicodemo abbiano ubbidito alla “Mizvah”/Precetto di dare sepoltura a Gesù prima dell’inizio del Sabato e della Festa Solenne, cioè prima del calar del sole, quando era ancora Vigilia.

Nulla viene riferito dall’Evangelista e Apostolo Giovanni circa un fantomatico processo davanti al Sinedrio, che neanche avrebbe potuto riunirsi in ore notturne e, meno che mai, nella notte della Vigilia o, peggio, della Festa di Pesach quando in tutte le case  ebraiche si ricorda la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù in Egitto e si mangia l’agnello pasquale.

Infatti, per celebrare un processo il Sinedrio doveva riunirsi nella propria sede nel Tempio  per due giorni consecutivi, in ore diurne, non di Venerdì o altra Vigilia. Pertanto, in quella settimana, avrebbe potuto riunirsi al più tardi solo Mercoledì e Giovedì; ammesso e non concesso che fosse lecita una riunione quale tribunale nella settimana precedente la Festa Solenne di Pesach. Infine, una condanna era nulla se nessuno aveva parlato in difesa dell’accusato.

Una riunione nella casa privata del Sommo Sacerdote Caifa, o del suo predecessore Hannas, e in ore notturne in nessun caso può essere considerata una seduta del Sinedrio. Che di casa privata si trattasse risulta dal fatto che Pietro rinnegò Gesù davanti a delle serve -  Mt 16.69 segg.  Mc 14,56 segg. e Lc 22,56 segg. – che certamente non potevano stare nella sede del Sinedrio. Anche Giovanni –  Gv  18,17 – riferisce che Pietro rinnegò Gesù avanti alla serva portinaia e poi – Gv 18,25/26/27 – avanti ad altri servi, nel cortile della casa privata di del Sommo Sacerdote Caifa, ma non parla di una riunione del Sinedrio.   

L’unico percorso possibile per arrivare ad una conclusione è l’esame delle norme rituali ebraiche in relazione a quanto narrato nei Vangeli.  E’  però necessario, anche se difficile,  distinguere fra le norme rituali in vigore in quei tempi in Terra di Israele  e le regole stabilite in tempi successivi, essenzialmente per la Diaspora. Si dovrebbe, inoltre, tenere conto delle reali condizioni di potere, in Giudea e in Diaspora, in quei tempi. Seguendo questo percorso, si vedrà come la narrazione dell’Evangelista e Apostolo Giovanni (testimone dei fatti) tenga conto oltreché delle norme rituali ebraiche vigenti all’epoca anche delle reali condizioni di potere nella provincia imperiale di confine che era allora la Giudea.

Riguardo alle condizioni di potere Giovanni, Evangelista e Apostolo, è preciso; cita, infatti, Pilato:

  1. 1.       A Gesù disse, Gv. 19,10, “… Non sai che io ho potere di rilasciarti e ho potere di crucifiggerti?”
  2. 2.       Al Sommo Sacerdote risponde: Gv. 19,22 , “… Ciò che ho scritto, ho scritto.”

La narrazione di Giovanni è pure coerente con le norme rituali ebraiche dell’epoca in Giudea; sia per  quanto riguarda la purità rituale dei sacerdoti che per l’Ultima Cena.

Riguardo alla Purità rituale del Sommo Sacerdote e degli altri sacerdoti è da ricordare che per poter celebrare il Sacrificio al Tempio, e anche per poter mangiare l’agnello pasquale, dovevano, nella giornata (da sera a sera) essersi astenuti da rapporti coniugali e dall’ingresso in case dove si adoravano divinità pagane. Inoltre, fra altro non dovevano, e oggigiorno non devono, avvicinarsi a salme e sepolture; questi obblighi di purità non riguardavano allora e non riguardano oggigiorno, chi non è di stirpe sacerdotale. Giovanni quindi fedelmente narra – Gv. 18,28 – “… Essi però non entrarono nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la pasqua.” Loro, sacerdoti, dovevano conservare la particolare purità rituale sia per poter celebrare il Sacrificio al Tempio  che per poter partecipare, dopo poche ore, al Seder. Cade quindi l’obbiezione che avrebbero potuto purificarsi dopo essere comparsi davanti a Pilato; non ne avrebbero avuto il tempo. Per le condizioni di potere dovettero comunque comparire davanti al Prefetto Pilato che, bontà sua, usci nel cortile che poteva essere considerato terreno neutrale.

Riferisce, successivamente, Giovanni –  Gv 19,31 segg. – “I Giudei, poiché era la Preparazione, affinché i corpi non rimanessero sulla croce di sabato …” - in questo senso si veda anche Mc 15,42 “ … siccome era la Preparazione, cioè la vigilia del sabato” e Lc 23,44 “Era il Giorno della Preparazione e sorgeva il Sabato” - e ribadisce che si trattava del Venerdì di Vigilia., come pure nel verso - Gv 19,42 – “Là dunque, a causa della  Preparazione dei Giudei, …” che  Giuseppe di Arimatea e Nicodemo, che non erano sacerdoti e quindi senza i particolari obblighi di purità rituale,  avevano il dovere di dare la sepoltura prima dell’inizio del Sabato e della Festa Solenne. Giovanni conclude poi lo stesso verso precisando che “essendo il sepolcro vicino, deposero Gesù. Ma, sempre per le reali condizioni di potere in Giudea, avevano dovuto prima fare una richiesta a Pilato – Gv 19,31 e 19,38 – per poter adempiere ad una precisa Mitzvah/Precetto.

C’è da osservare che Giovanni non accenna alla norma del Digiuno dei Primogeniti, stabilito proprio per la Vigilia in ricordo dei primogeniti egiziani morti prima dell’Esodo. E Gesù Cristo era primogenito e osservava strettamente i Precetti, anche i minimi, come detto in Matteo 5.18 “ non un jota, non un apice passerà della Legge”. Se Gesù Cristo, ad un certo punto non avrebbe assunto più cibo (ciò non è detto da nessuno degli Evangelisti; ma viene ipotizzato da alcuni studiosi) significherebbe solo il rispetto del comandamento del Digiuno dei Primogeniti, prescritto proprio per la Vigilia, dall’alba al tramonto.

L’Evangelista e Apostolo Giovanni non accenna neanche all’uso di tenere prima della Festa Solenne una o più sedute di preparazione per poter poi celebrare il Seder/Simposio di Pesach nell’esatto rispetto delle regole. Questo uso spiegherebbe il motivo della riunione gli Apostoli la sera di Vigilia, prima della serata solenne del Seder/Simposio di Pesach. Chi scrive aveva ipotizzato che si trattasse di una riunione di studio in sostituzione del Digiuno dei Primogeniti; però non si sa se questo uso venisse già praticato all’epoca degli Eventi.

Per inciso si rileva come non sia convincente l’ipotesi – tanto suggestiva – che l’Ultima Cena sia stata una riunione strategica in vista di una sollevazione contro il dominio romano. Al riguardo è sufficiente notare che si era solo nel quarto anno del ciclo precedente l’inizio dell’Anno Giubilare nel quale era atteso la venuta del Messia liberatore. L’equivoco può derivare dal fatto che, alcuni secoli dopo, venne introdotto nella celebrazione del Seder di Pesach il ricordo di una cena, tenuta circa 90 anni dopo, alla quale partecipavano cinque grandi Maestri per discutere la situazione sotto l’Imperatore Adriano e la migliore strategia per la sollevazione guidata, poi, da Bar Kochba.

Non sono neanche convincenti varie ipotesi sull’appartenenza di Gesù Cristo e degli Apostoli ad una corrente religiosa che avrebbe anticipato la data del Seder Pasquale rispetto a quella ufficiale.

In particolare, non convince l’ipotesi fatta nel 1953 dalla studiosa francese Jaubert che Gesù Cristo abbia seguito il supposto calendario degli Esseni di Qumran per cui l’Ultima Cena abbia potuto aver luogo prima del giorno stabilito secondo il calendario ufficiale del Tempio e pertanto poteva essere un  Seder. Nel 1953 si era all’inizio dello studio dei Rotoli di Qumran e quindi questa ipotesi, indubbiamente molto suggesitva, era stata formulata troppo presto per poter essere validamente discussa e dimostrata e potrebbe ricollegarsi all’identificazione del Maestro di Giustizia menzionato nei   Rotoli di Qumran in un Cristo prima di Cristo. 

Infine, l’ipotesi della Jaubert è funzionale per sostenere la plausibilità di un regolare processo in Sinedrio con successiva presentazione del caso a Pilato e Crocefissione voluta dagli Ebrei e mantenere ferma l’infame accusa di deicidio. Nell’anno 1953 era chiara l’influenza di quell’infame accusa sulla violenza antisemita che aveva portato alla Shoah; l’ipotesi della Jaubert, magari involontariamente, giova essenzialmente agli antisemiti negazionisti. Chi scrive si trovò a dover ribattere alla tesi che collocava l’Ultima Cena al Martedì per poter sostenere che il Sinedrio abbia potuto riunirsi quale tribunale nei giorni di Mercoledì e Giovedì, pertanto  il processo sarebbe stato regolare. Pilato poi, suo malgrado, avrebbe convalidato e fatto eseguire la condanna. Cosi, l’infame accusa di deicidio, se mai uscita dalla porta, rientrerebbe dalla porta-finestra.  

E’ sempre Giovanni a precisare – Gv. 13,29 e 30 – che gli Apostoli credettero che Giuda dovesse uscire perché ordinato “Compra ciò che ci serve per la festa” e(o “Dà qualcosa ai poveri”. … Giuda subito uscì. Era notte”. Quindi, se quella notte fosse stata solo ritenuta la Notte di Pesach – di Festa Solenne – non sarebbe stato ipotizzabile  fare gli acquisti di ciò che serviva per la festa e, neanche, un’offerta di denaro per i poveri.  Giova ribadire che né di Sabato né di Festa Solenne si potevano (e non si possono) fare acquisti e usare denaro.

La citazione di questi passi del Vangelo di Giovanni – coerenti con i citati passi di Marco e di Luca  - consente di affermare che l’Ultima Cena ebbe luogo la sera precedente la Festa che quell’anno cadeva pure di Sabato.

Molti studiosi insistono, però, sulla tesi dell’Ultima Cena quale Seder/Simposio di Pesach interpretando in vario modo quanto narrato dagli Evangelisti Sinottici, Matteo, Marco e Luca, che, come rilevato, scrissero molti anni dopo i fatti.  Emerge però il problema di una conoscenza approssimativa delle norme rituali ebraiche. In particolare non viene  considerato che in Terra di Israele, sia in quei giorni che ai tempi nostri, durante la Settimana di Pesach –  di soli sette giorni - solo il primo e l’ultimo giorno erano, e sono, di Festa Solenne per cui il Seder di Pesach venne allora, e ai nostri giorni viene,  celebrato solo la prima sera. Nell’anno  33 e.v. a Gerusalemme il Seder/Simposio di Pesach venne celebrato solamente la sera di Venerdì.

Molti studiosi, tanto citati,  sono  perlomeno molto critici, se non ostili, verso l’Ebraismo, e avranno avuto (o hanno)  notizie sommarie e imprecise essenzialmente sull’uso rituale della Diaspora che prescrive, per ragioni storiche, che Pesach abbia la durata di otto giorni con  i primi due e gli ultimi due di Festa Solenne. E’ in Diaspora, non in Terra di Israele, che si celebra il Seder sia la prima che la seconda sera.

A Gerusalemme i sacerdoti Caifa e Hannas, per “poter mangiare la pasqua” (l’agnello pasquale) nell’unico Seder del Pesach di quell’anno, dovevano appunto evitare, in quel triste mattino, di  contaminarsi entrando nel Pretorio dove si adoravano divinità pagane. Non potevano, però, evitare il canzonatorio e, per loro umiliante, discorso di Pilato.

 

Wolf Murmelstein