DALLA FUGA IN EGITTO ALLA SEPARAZIONE FRA CRISTIANI ED EBREI

 

LO SFONDO STORICO

PREMESSA

La presente nota trae origine dall’azione svolta nel periodo 1978-1983 da chi scrive per combattere la menzione sui libri di testo di storia nelle scuole secondarie dell’infame accusa di Deicidio che per secoli ha istigato attacchi violenti contro le comunità ebraiche nell’Europa cristiana. Questa azione, che ha ottenuto qualche piccolo risultato, ha invogliato a studiare lo sfondo storico e i motivi della separazione fra Cristiani e Ebrei. Infatti, solo conoscendo le ragioni della separazione è possibile gettare le basi per un vero dialogo e motivare le richieste di revisione di libri di testo. Con questa motivazione chi scrive ottenne nel lontano 1989 la tessera di ingresso alla Biblioteca del Pontifico Istituto Biblico dove per una decina di anni ha potuto consultare libri ormai rari.

 

Quanto esposto in queste poche righe intende dimostrare l’assurdità dell’infame accusa di Deicidio. Quanto narrato, infatti, nel Nuovo Testamento rispecchia la situazione del popolo ebraico in quei tempi. E’ quindi da respingere il vezzo di molti “studiosi” di dire che questo o quell’altro episodio narrato o detto riportato sia frutto di interpolazioni oppure di pie leggende. Gli Evangelisti, e anche gli autori delle epistole, dovettero scrivere in un linguaggio, spesso poetico, per evitare l’accusa di sedizione contro l’Impero Romano. In questo studio gli episodi e i detti citati vengono inseriti nel contesto storico dell’epoca cercando di vedere tutto con gli occhi dell’apparato repressivo – Legati, Prefetti, Centurioni, Pretori, ecc - di quella tirannia genocida che era, in effetti, l’Impero Romano. Solo in questo modo si comprende meglio, e con senso di giustizia, il comportamento di coloro – Sommo Sacerdote e Sinhedriti - che all’epoca dovettero rappresentare il popolo ebraico di fronte all’oppressore romano; chi da secoli li giudica verrà giudicato per i suoi vari patti col diavolo, quali Concordati o pressioni per ottenere qualche privilegio.

 

LE CONDIZIONI DEL POPOLO EBRAICO ALL’EPOCA DEI FATTI NARRATI NEL NUOVO TESTAMENTO

La Fuga in Egitto segna l’inizio del Cristianesimo ed è da inquadrare nella crisi politica degli ultimi anni del regno di Erode il Grande, visto da molti come un usurpatore imposto dall’Impero Romano, che viene però ricordato per la sua munificenza – grandi costruzioni in Giudea e in altre provincie - il cui costo gravava si sul popolo ma erano necessarie per la coesistenza con i greci. L’economia della Giudea, dove vigevano all’epoca almeno in parte le norme sociali della Legge, era in difficoltà nella globalizzazione economica realizzatasi nell’Impero Romano. Segno delle tensioni sociali era la formazione del gruppo degli Zeloti. Molti oppositori guardavano o alla Casa degli Asmonei o alla Casa di David per un’alternativa senza considerare l’estinzione delle linee maschili di queste dinastie.

 

Si deve ricordare che, all’epoca, il popolo ebraico era già oppresso e disperso, dentro e fuori i confini dell’Impero Romano. Inoltre vi fu pure la divisione fra partiti: il partito dei Sadducei (sacerdoti con amici e clienti) e quello dei Farisei (borghesia e proletariato delle città) a propria volta suddiviso in vari gruppi e “scuole” guidate da vari Maestri e con seguaci anche nelle comunità della Diaspora. Un’altra contrapposizione rilevante è quello fra borghesia cittadina (Farisei) e ceto rurale, detto “popolo della terra” o “poveri di spirito” nel senso di privi di istruzione e estranei alle dispute.

 

LA FUGA IN EGITTO

Protagonista della Fuga in Egitto è la Sacra Famiglia – Giuseppe, Maria e Gesù – che deve fuggire dalla città di Nazareth, in Galilea. La “Strage degli Innocenti” è un riferimento alla condanna e l’esecuzione sotto accusa di oltraggio ad Erode dei figli nati dalla seconda moglie Mariam (principessa asmonea) e di circa 300 loro seguaci. Questi figli, considerati gli ultimi eredi della Dinastia degli Asmonei, vennero coinvolti in congiure, più o meno velleitarie, contro l’Impero Romano, e il suo vassallo Erode. Per non dover ammettere l’esistenza di queste congiure, l’accusa venne formulata come oltraggio ad Erode quale “Pater Familias” reato di diritto romano. L’intera famiglia di Erode aveva. Infatti, la cittadinanza romana e quindi i suoi erano giudicati secondo le leggi romane.

 

Il riferimento ai Re Magi – o meglio, a loro messi – venuti dall’Oriente a Betlemme indica che la Sacra Famiglia aveva contatti con lo ”Estero Nemico”, cioè il Regno dei Parti,all’epoca quasi sempre in contrasto con l’Impero Romano. Accanto al Gran Re in quasi tutte le regioni governavano re-vassalli, alcuni dei quali, appunto, appartenevano al ceto religioso dei Magi. Nel Regno dei Parti viveva una grande comunità ebraica sotto la guida dell’Exilarca, discendente in linea femminile da Casa di David.

 

Si avevano allora già molte comunità ebraiche sia nell’Impero Romano che oltre i suoi confini: nel Regno dei Parti, in India, Etiopia, Arabia. Pare che alcuni gruppi si siano spinti fino alla Cina.Da parte romana si cercò di minare il Regno dei Parti facendo leva sia sulle diverse città greche che risalivano al passato Regno Seleucida che sulle ambizioni di alcuni re-vassalli. I Parti, a loro volta, facevano leva sul risentimento contro i romani sia degli Ebrei che degli altri popoli semiti nell’area della Siria. Il dominio romano nelle provincie era, infatti, caratterizzato da un intenso e duro sfruttamento. Si ebbero quindi crescenti tensioni sociali, anche per gli espropri di terre poi assegnate a veterani romani.

 

Il fenomeno astronomico indicato come la Stella Cometa che avrebbe guidato i Re Magi si verificò nel mese di settembre dell’anno 7 a.e.v. vale a dire poco dopo l’esecuzione della condanna dei due figli di Erode e di molti loro seguaci e l’inizio della persecuzione da parte di Erode di quei Farisei che non volevano prestare il giuramento di fedeltà. L’accenno nel Nuovo Testamento ad un censimento potrebbe riferirsi alla rilevazione di coloro che avrebbero dovuto prestare il richiesto giuramento.

 

La Sacra Famiglia era consapevole di poter trovare rifugio presso la comunità ebraica di Alessandria d’Egitto per poter sfuggire alla polizia di Erode; però bisognava raggiungere l’Egitto. La sosta nella Grotta (della Natività) con l’ospitalità dei pastori, indica che Giuseppe, in fuga, di certo non poteva sostare nella locanda dove sarebbe stato identificato e catturato dalla polizia di Erode. E, probabile che appartenesse ad un gruppo di Farisei che volevano superare la contrapposizione fra ceto urbano e ceto rurale. I pastori, sfidando il rischio di venire puniti, gli accordavano quindi rifugio. Betlemme all’epoca era vicino al confine col Regno dei Nabatei, dove i controlli erano forse meno severi che al confine con l’Egitto.

 

IL RITORNO DALL’EGITTO

La Sacra Famiglia tornò dall’Egitto quando apprende della morte di Erode e del governo in Giudea del figlio Archelao. Nell’anno 4 a.e.v. torna quindi a Nazareth in Galilea dove governava il Tetrarca Erode Antipa.

 

La Sacra Famiglia fece il Pellegrinaggio per Pesach/Pasqua a Gerusalemme quando Gesù, all’età di 12 anni e quindi giusto prima della Sua maggiore età religiosa (Bar Mitzva) doveva presentarsi davanti ai Maestri. Un Vangelo Apocrifo riferisce che sia stato esaminato su tutte le scienze studiate all’epoca. La versione che Giuseppe e Maria abbiano lasciato il gruppo dei pellegrini di ritorno verso la Galilea “per cercare Gesù” potrebbe indicare l’esigenza di tenere segreta la presentazione di Gesù di fronte ai Maestri.

 

Nell’anno 6.e.v.- all’incirca l’anno della presentazione di Gesù davanti ai Maestri - venne esiliato Archelao e istituita la Provincia Imperiale di Confine della Giudea che comprendeva anche la Samaria e l’Idumea. In quell’anno venne effettuato quel Censimento menzionato nel Nuovo Testamento.

 

PERIODO NON NARRATO – DALLA BAR MITZVAH ALL’INIZIO DELLA PREDICAZIONE PUBBLICA

Tiberio divenne imperatore nell’anno 14 e.v. e, con lui, assunse vasti poteri Seiano, Prefetto del Pretorio, ostile alle comunità ebraiche; molti ebrei di Roma vennero mandati in Sardegna e nei Pirenei per lavori forzati in miniera.

 

Nel Regno dei Parti si ebbero due avvenimenti che da una parte eccitarono le speranze messianiche ebraiche e la propaganda degli Zeloti mentre dall’altra parte allarmarono le autorità romane:

a.            Nella città di Nehardea, intorno all’anno 20 a.e.v., si ebbe la ribellione degli operai tessitori ebrei e i fratelli Anileus e Asineus organizzarono un regno ebraico, in qualche modo riconosciuto dal Gran Re Artabano III, acceso avversario (se non nemico) di Tiberio.

b.            Il Regno vassallo semi-indipendente dell’Adiabene, che sorgeva sul territorio dell’antica Assiria, divenne regno ebraico per la conversione, intorno all’anno 23 a.e.v., della dinastia reale e della nobiltà. La profezia del Libro di Giona sulla della conversione del re di Niniveh sembrava quindi avverata.

Tiberio, su evidente suggerimento di Seiano, nominò nell’anno 26 e.v. Ponzio Pilato – della classe dei cavalieri e discendente da uno degli assassini di Giulio Cesare – quale Prefetto della Giudea e Procuratore del Patrimonio della Casa Imperiale nella stessa provincia. Aveva tutti due titoli, non alternativi, menzionati. Con Ponzio Pilato il dominio romano in Giudea divenne ancora più duro e provocatorio: La legione ostentava le immagini pagane e vennero battute monete con immagini di Tiberio. Con grave interferenza venne nominato quale Sommo Sacerdote il famoso Caifa. Il Sinedrio venne obbligato a riunirsi nella parte del Tempio dove i gentili potevano entrare in modo che Pilato potesse controllare le discussioni. Infine, Pilato attinse al Tesoro del Tempio con la motivazione di lavori pubblici – costruzione di un acquedotto – ma non si sa quale profitto personale ne trasse.

 

Nel Tetrarcato della Galilea, che comprendeva anche una striscia di territorio sulla riva orientale del Giordano – venne decapitato Giovanni il Battista che nella propria predicazione denunciava come il tetrarca Erode Antipa avesse vistosamente violato le norme morali ebraiche. Infatti, Erode Antipa aveva sposato la cognata, ripudiata dal fratellastro, dopo aver ripudiato, a propria volta, la moglie che era figlia del re dei Nabatei. Ciò era un peccato dal punto di vista religioso e una follia dal punto di vista politico.

 

GESU’ INIZIA LA PREDICAZIONE

Intorno all’anno ebraico 28/29 e.v.( quando aveva “circa trent’anni”) iniziò la predicazione di Gesù Cristo e non si deve più parlare della Sacra Famiglia. E’ il primo anno del settennio precedente l’Anno Giubilare,

databile 35/36 e.v., quando, secondo le aspettative, doveva arrivare il Messia con l’integrale vigenza della Legge e quindi, molto importante, il ritorno di tutte le famiglie alle terre delle quali erano state spodestate e la reciproca remissione dei debiti. All’epoca molte famiglie erano indebitate o ricordavano di essere state espropriate dalle proprie terre dai diversi dominatori succedutisi in Giudea.

 

Nel Nuovo Testamento si parla dell’invito di Gesù agli Apostoli – Matt. 10,5 segg. - di andare dalle “pecore smarrite di Casa di Israele” accennando alla necessità di attraversare i confini di molti territori con vari re e governatori. Gli Apostoli dovevano annunciare l’imminenza del Regno dei Cieli, cioè del prossimo Anno Giubilare – 35/36 – e raggiungere anche la “Ultima Città di Israele”. E’ una viva descrizione della dispersione del popolo ebraico fra la Giudea, la Galilea, nelle provincie dell’Impero Romano, nel Regno dei Parti (con i “regni ebraici” di Nehardea e Adiabene), in Etiopia, in India, nell’Asia Centrale e in Cina.

 

Nella Provincia Imperiale di Confine della Giudea, che comprendeva Giudea, Samaria e Idumea, la situazione era segnata dalla forte contrapposizione della popolazione ebraica sia con i Samaritani che con gli abitanti delle varie città greche. La collettività ebraica era Inoltre divisa in partiti quali i Sadducei (aristocrazia sacerdotale e laica con relativi clienti), Farisei (borghesia e proletariato delle città, essenzialmente Gerusalemme), Zeloti (fautori della resistenza armata, chiamati anche “banditi”), Esseni (pietisti dimoranti sul Mar Morto). La borghesia cittadina (commercianti, artigiani, ecc.) era contrapposta al ceto rurale per interessi e, quindi, anche per varie opinioni dottrinali. Infine, gli Idumei erano malvisti come discendenti di Esau, sostenitori e di Erode e alleati dei Romani.

 

La Galilea era governata dal Tetrarca (principe provinciale e non re) Erode Antipa, uno dei tanti figli di Erode il Grande. Del Tetrarcato faceva parte anche la Perea, riva orientale del Giordano, confinante con il Regno dei Nabatei. Prevaleva il ceto rurale, chiamato dai Farisei, in senso riduttivo dispregiativo, “popolo della terra”. La configurazione geografica era favorevole alla diffusione dei gruppi di Zeloti.

La Decapoli, area sulla riva orientale del fiume Giordano e sul Mar della Galilea di 10 città greche. Era un’area prima appartenente al Regno di Israele e allo Stato degli Asmonei, che da Pompeo venne posta sotto il controllo diretto del Proconsole della Siria e poi restituita da Augusto ad Erode. All’epoca di Gesù era di nuovo sotto il controllo diretto del Proconsole.

 

Nelle Diaspora, sia nell’Impero Romano che nel Regno dei Parti, i rapporti delle comunità ebraiche con i greci erano tesi, specialmente ad Alessandria d’Egitto e Antiochia, dove negli anni seguenti si ebbero provocazioni di ordine religioso seguiti da tumulti e scontri. La borghesia mercantile greca era interessata ad indebolire la posizione delle comunità ebraiche.

Il Proconsole della Siria, con sede ad Antiochia, controllava il Prefetto della Giudea, il Tetrarca della Galilea e le città della Decapoli. Ogni segnale di possibili ribellioni popolari, di scarsa lealtà o di “debolezza” (insufficiente durezza del dominio) veniva raccolto dagli “agentes in rebus” – ufficialmente corrieri – che costituivano un efficiente servizio segreto che poteva riferire direttamente a Roma.

 

L’IMPERO ROMANO TEMEVA RIVOLTE SOCIALI E CONTATTI CON L’ESTERO NEMICO

Era ancora vivo il ricordo delle grandi rivolte di schiavi. Nell’anno 132 a.e.v. era iniziata la rivolta degli schiavi in Sicilia – molti erano prigionieri originari dai regni ellenisti dell’Asia Minore. L’ultimo re di Pergamo, al momento dell’inizio della sua sollevazione contro Roma, aveva lanciato un proclama per invitare gli schiavi alla rivolta. Nell’anno 73 a.e.v. lo schiavo tracio Spartaco scatenò la rivolta degli schiavi traci nella zona di Capua; si unirono anche schiavi germani e celti. Nello stesso periodo si ebbe una campagna romana contro una tribù della Tracia. Con queste premesse, quando nel Discorso della Montagna Gesù disse “beati i poveri di spirito perché loro sarà il regno dei cieli” – interpretabile come promessa che il Messia nell’imminente anno giubilare avrebbe ridato la terra alle famiglie che ne erano state espropriate - gli spioni romani potevano solo percepire un invito alla rivolta sociale.

 

I rapporti dell’Impero Romano con il Regno dei Parti erano sempre tesi. Proprio negli anni dal 29 al 36 e.v. l’Impero Romano appoggiava un pretendente contro il Gran Re Artabano III. Le comunità ebraiche in Babilonia e Mesopotamia (che godevano di una certa autonomia sotto la guida dell’Exilarca, discendente in linea femminile di Casa di David), il Regno Ebraico semi indipendente dell’Adiabene e il “Regno rivoluzionario” di Nehardea erano fedeli al Gran Re Artabano III che, invece, non poteva contare sulla lealtà delle città greche. Quindi l’invito agli Apostoli “… andate dalle pecore smarrite di Casa di Israele” poteva venire interpretato dagli spioni romani come un invito a fare causa comune col Gran Re dei Parti.

 

La medicina praticata e insegnata dal ceto dei Magi era differente da quella greca, la sola lecita nell’Impero Romano. Le guarigioni praticate, non spiegabili con la medicina greca, potevano venire viste come prove di rapporti con i Magi del Regno dei Parti.  

 

Il gesto di Gesù di far affogare i porci nel Giordano era motivo di allarme. Viene detto che gli spiriti maligni entrarono nei porci che correndo affogarono nel fiume. Infatti, esaminando lo sfondo storico del gesto se ne rileva il significato. Come già visto, la Decapoli – insieme di città greche – era un territorio considerato dal nazionalismo ebraico come Terra di Israele dove l’esistenza di allevamenti di porci era quindi considerata una profanazione. Gli spiriti maligni erano quindi i riti pagani considerati immondi come i porci. Pertanto, per purificare questa parte di Terra di Israele gli spiriti maligni dovevano entrare nei porci da affogare nelle acque del Giordano. Il gesto appariva agli spioni romani solo come un invito alla ribellione.

 

Il gesto di attraversare di sabato un campo di grano aprendosi un sentiero doveva suscitare grande allarme. Infatti, secondo le norme ebraiche solo un re aveva il diritto di aprirsi un sentiero in un campo coltivato di grano. Se poi il gesto venne compiuto da chi era considerato discendente di Casa di David l’attenzione delle autorità romane era nell’ordine delle cose.

 

LA SITUAZIONE NELL’ANNO 32/33 e.v.

La situazione è ben rappresentata dall’Evangelista Giovanni – che, a differenza degli altri (Matteo, Marco e Luca), tiene accuratamente conto delle reali condizioni di potere in Giudea – che narra Giov. 11,47 e segg.: … e dicevano: Che facciamo? Perché quest’uomo fa molti miracoli. Se lo lasciamo fare tutti crederanno in lui; e i Romani verranno e ci distruggeranno e città e nazione. Da questa narrazione si rileva la grande diffusione dell’attesa messianica. Il Sommo Sacerdote e i membri del Sinedrio avevano però la responsabilità per “città e nazione” e temevano, con cognizione di causa, la feroce rappresaglia romana nel caso di una sollevazione popolare. Alla festa di Chanukkah (delle Luci) si ringrazia per … aver dato i molti dati in mano ai pochi, gli empi in mano ai timorati della Legge … Si deve però ricordare che i Maccabei avevano combattuto contro l’empio Impero Seleucida quando era ormai in declino mentre l’empio Impero Romano era, all’epoca, al massimo della sua potenza per cui anche semplici disordini potevano provocare una feroce repressione romana con la distruzione di città e nazione.

 

Era esperienza storica, abbastanza recente, che i Parti – nell’anno 40 a.e.v. – avevano conquistato la Giudea ma erano stati cacciati nell’anno 37 a.e.v. e Erode aveva dovuto pagare forti somme per evitare, allora, il saccheggio di Gerusalemme. Nell’anno 32/33 e.v. dal Regno dei Parti non poteva arrivare nessun aiuto in quanto il Gran Re Artabano III doveva fronteggiare le insidie da parte sia di alcuni feudatari ambiziosi che delle città greche favorevoli al pretendente appoggiato dall’Impero Romano. Dai dei due regni ebraici semi

indipendenti - Adiabene e Nehardea – potevano forse venire alcuni volontari. Invece, a rinforzo della Legione romana acquartierata a Cesarea potevano arrivare truppe dalla Siria e dall’Egitto per compiere una durissima rappresaglia. Fin dai tempi dei Maccabei i Romani consideravano quale rappresentante del popolo ebraico e, quindi responsabile, il Sommo Sacerdote. Cosi si spiega la risposta di Caifa Giov. 11,50: Voi non capite nulla; e non riflettete come vi torni conto che un uomo solo muoia e non perisca tutta la nazione.

 

GESU’ A GERUSALEMME PER PESACH/PASQUA ANNO 33 e.v.

Gesù va a Gerusalemme per la Festa di Pesach/delle azzime/Pasqua dell’anno 33 e.v. di Domenica, il Primo Giorno, di una settimana quando la Festa cade al Settimo Giorno, Sabato, per cui si doveva mangiare il Sacrifico Pasquale dopo il tramonto del Venerdì, dato che per gli ebrei, come per tutti i popoli orientali, la giornata inizia con la sera e termina col tramonto.

 

La settimana nella quale la prima giornata della Festa di Pesach/Pasqua coincide con lo Shabbat – Settimo Giorno – ha un grande valore simbolico. Infatti, secondo le tradizioni, il Messia deve arrivare alla fine del sesto anno del settennio che precede l’Anno Giubliare. E l’anno 33 e.v. era nel settennio precedeva l’anno giubilare 35/36 o, secondo altri calcoli, 36/37.

 

L’atto di Gesù di contestare violentemente i mercanti presenti nel Tempio poteva essere visto solo come un incitamento a disordini In una città affollata di pellegrini e vicina ai confini.

 

Per Pilato la situazione si presentava molto difficile. Fra i pellegrini potevano esserci sobillatori venuti dai regni ebraici di Nehardea e Adiabene. Ovviamente erano numerosi gli Zeloti, sempre pronti a qualche azione dimostrativa. Ma … se liberando il capo-zelota Barabba si poteva ottenere la loro astensione da azioni violente nella settimana di Pesach? Si poteva.

Dopo aver fatto giustiziare nell’anno 31 e.v. Seiano – che aveva cercato di spodestarlo – l’imperatore Tiberio voleva evitare conflitti superflui con le comunità ebraiche. In vista del conflitto con il Gran Re dei Parti Artabano III non si volevano allarmare le comunità ebraiche della Babilonia con la repressione violenta di disordini, quindi da evitare per non doverli reprimere.

 

L’ULTIMA CENA

E’ da precisare che non era un Seder/ Simposio Pasquale ma, verosimilmente, una riunione preparatoria di studio e ha avuto luogo, in un posto tenuto segreto fino all’ultimo momento, di giovedì, giorno precedente la vigilia della festività di Pesach/Pasqua. Il fatto che Gesù inviò due Apostoli ad incontrare un uomo per domandare dove si poteva mangiare la Pasqua indica precauzioni per non venire scoperti. In più, non viene riferito alcun cenno all’Esodo dall’Egitto, alla recita delle preghiere per la Festa Solenne o alle azzime. Infatti, gli Apostoli resero solo grazie il cibo e ritennero che Giuda fosse uscito per fare gli acquisti E di Festa Solenne (primo giorno di Pesach) e di Sabato non si potevano fare acquisti.

 

GIUDA

E’ il simbolo del traditore. Il problema del suo movente forma oggetto di discussioni teologiche ma è irrilevante per l’esame dello sfondo storico di quanto narrato nel Nuovo Testamento. Non va direttamentedalla coorte romana (che era la polizia) ma dai sacerdoti, mettendoli in una situazione difficile, e chiede pure un premio. I sacerdoti, come viene narrato, gli contano trenta argenti. Trenta è il valore totale in numeri delle lettere consonanti che formano il nome ebraico JEHUDA e dare ad una persona il

valore numerico del suo nome è, ed era allora, un segno di disprezzo. Infatti, chi, come i sacerdoti di allora, deve rappresentare il popolo oppresso di fronte all’oppressore teme molto delatori, agenti provocatorie persone che parlano in modo irresponsabile. Per evitare feroci interventi di Pilato i sacerdoti dovevano cosi essere loro ad informare la coorte che Giuda era pronto ad accompagnare soldati e guardie e indicare chi era Gesù. Ne consegue, tra altro, che Gesù non era cosi conosciuto da poter essere facilmente individuato. I sacerdoti al Tempio rifiutano poi l’offerta di Giuda gettando a terra i trenta denari dicendo che era “prezzo di sangue” quindi non poteva venire accettato indicando cosi il delatore al pubblico disprezzo, specialmente degli Zeloti, sempre pronti a punire i traditori.

 

Sulla morte di Giuda sono riportate due versioni. In Matt. 27.5 si parla di un suicidio mentre in Atti 1.16/19 di un incidente mortale. Lo sfondo storico esposto permette di spiegare questa contraddizione apparente: E’ipotizzabile che Giuda sia stato “suicidato” quale traditore e che poi siano state predisposte le prove per far risultare l’incidente mortale. Infatti, alle autorità romane di polizia – Gerusalemme non aveva i privilegi di un “Municipio” - si dovevano dare delle spiegazioni accettabili per chiudere rapidamente il caso. Appare pure strano che l’acquisto del terreno sia stato effettuato con la stipula di un atto, quindi coll’intervento di uno scriba, nel breve tempo della mattinata della Vigilia quando tutti dovevano prepararsi alla Festa.

Narra l’Evangelista Giovanni – Giov. 18,3 e 18,12 - tenendo conto delle reali condizioni di potere in Giudea che Gesù venne catturato, nel Getsemani, dal Tribuno e da soldati della coorte romana; ciò indica che si trattava di delitto contro l’Impero Romano. Il ruolo delle guardie del Sommo Sacerdote era, quindi, del tutto secondario.

 

Gesù viene prima portato alla casa privata – dove ci sono delle serve - dell’ex Sommo Sacerdote Hannas. E poi in quella del Sommo Sacerdote in carica Caifa. Ma non alla sede del Sinedrio, nel Tempio, dove non potevano esserci delle serve. Il Sinedrio, nella funzione di supremo tribunale, non poteva riunirsi di notte o nei giorni precedenti la Festa di Pesach e la discussione di un processo per comminare una pena capitale doveva durare due giorni, forse consecutivi.

 

DAVANTI A PILATO

Prima alla casa privata dell’ex Sommo Sacerdote Hannas, poi a quella del Sommo Sacerdote in carica Caifa e, infine, al Pretorio – ex palazzo di Erode – di fronte a Pilato. L’Evangelista Giovanni non accenna ad un processo in Sinedrio. Tiene conto del fatto che in una provincia imperiale di confine quale la Giudea il potere di giudicare delitti contro lo stato romano come pronunciare e far eseguire le condanne a morte era salda prerogativa del Prefetto, quindi di Pilato. Essendo vigilia della Festa di Pesach/Pasqua i Sacerdoti ormai non poterono entrare; Pilato uscì per parlare con loro, in modo evidentemente canzonatorio per coinvolgerli nei propri arbitrii. Inizia l’interrogatorio; non è precisato in quale lingua, ma non si accenna ad un interprete, che sarà stata la fonte che permette di conoscere sommariamente le domande di Pilato e le risposte di Gesù.

a.            Giov. 18.33 segg. … Sei tu il Re dei Giudei? Gesù gli rispose. Dici tu questo di tuo oppure altri te l’hanno detto di me?

b.            Giov. 18, 36 … che hai fatto? Gesù gli rispose: il mio regno non è di questo mondo; …

c.             Giov. 18,37 … Allora Pilato gli disse: ma dunque, sei tu re? Gesù gli rispose: Tu lo dici; io sono re; … Chiunque è per la verità ascolta la mia voce.

d.            Giov. 18,38 Pilato gli disse. Che cosa è la verità?

 

Pilato con queste domande voleva sapere se Gesù si considerava Re della Giudea in quanto discendente di Casa di David oppure se venisse da uno dei regni ebraici – Adiabene e Nehardea - vassalli del Gran Re dei

Parti. Le risposte non seguono la regola del “si, si, no, no,” tanto raccomandato. Pilato, del tutto indifferente alla verità preferì credere di aver catturato il Re dei Giudei. Infatti, era in suo potere far giustiziare un discendente di Casa di David che si presentava, o veniva ritenuto, quale Re dei Giudei. Invece, un re o principe dei regni vassalli del Gran Re dei Parti, se catturato, doveva essere mandato a Roma quale prezioso ostaggio.

Pilato, che cinicamente domanda “che cosa è la verità?”, trova conveniente condannare Gesù per poter liberare lo zelota Barabba e evitare azioni degli Zeloti nella settimana di Pesach e cerca di coinvolgere i sacerdoti nelle proprie illegalità:

a.            Gv. 18,30. Dice: Non trovo colpa in quest’uomo. I sacerdoti gli fanno notare che se non fosse colpevole non glie lo avrebbero portato; come dire: ma se è stato il Tribuno con i soldati della coorte d arrestarlo. Il Tribuno, con la coorte, agiva solo per delitti contro l’Impero Romano.

b.            Gv. 18.31. Dice: Giudicatelo secondo le vostre leggi. I sacerdoti fanno notare di non avere il potere di pronunciare condanne a morte.

c.             Gv. 19.15. Dice Pilato: Io giudicare il vostro re? I sacerdoti, ormai al colmo dell’umiliazione, devono dire “non abbiamo re all’infuori di Cesare”.

L’Evangelista Luca riferisce di un tentativo di coinvolgere il Tetrarca Erode Antipa - Lc 23, 7 segg. - che però si tira fuori dicendo che in Galilea Gesù non aveva avuto colpe. Pilato ora fa il colpo grosso, anche perché intanto nel cortile si è radunata la folla di amici di Barabba. Fingendo di dimenticarsi degli altri due prigionieri pronti per essere giustiziati dice: è uso che per la festa io vi liberi un prigioniero. Chi volete che vi liberi? Gesù, il Re dei Giudei o Barabba? Da una parte una folla, coraggiosa, che grida: dacci Barabba! Ma dall’altra parte chiedere di liberare il “Re dei Giudei” sarebbe stato considerato atto di ribellione all’Impero Romano e poteva solo scatenare una feroce azione, di quelle di cui Pilato era ormai tristemente famoso. Una responsabilità che i sacerdoti non potevano prendersi.

 

Pilato era ormai pronto: Dopo aver soddisfatto la richiesta degli Zeloti per non creare disordini nella settimana di Pesach/Pasqua liberando il loro compagno Barabba poteva quindi dare un chiaro segnale di intimidazione al popolo facendo giustiziare Gesù con altri due condannati, vittime della ferocia romana, sulla collina del Golgota, in modo che il tutto fosse ben visibile. Sulla Croce Pilato appose l’iscrizione, in tre lingue, del motivo della condanna: Gv.19,19 ”…Re dei Giudei” e - Gv. 19,21 - ai sacerdoti che chiesero di scrivere “… perché si è detto Re dei Giudei” rispose, Gv. 19,22, “Quel che ho scritto, ho scritto”: li tratta, cioè, senza alcun risguardo, come inferiori. Far eseguire tre condanne a morte proprio il giorno di Vigilia era una profanazione della Festa stessa e non un segno della,fantomatica, tolleranza religiosa romana. Ad una certa ora il Sinhedrita Giuseppe di Arimantea – definito seguace segreto - ottenne di poter dare sepoltura a Gesù prima dell’inizio del Sabato e della Festa. Per poter adempiere in tempo a questo atto di pietà provvide alla sepoltura in un orto di sua proprietà.

 

E I ROMANI VENNERO E DISTRUSSERO CITTA’ E NAZIONE

A Gerusalemme si formò la prima comunità cristiana - o meglio giudeo-cristiana - sotto la guida di Giacomo che era imparentato con Gesù. Però nel corso dell’Ultima Cena Gesù aveva designato Pietro, il più anziano fra gli Apostoli senza vincoli di parentela; ne risultò una crescente divergenza.

 

Atti 4,1 segg: Circa un anno dopo la Crocifissione di Gesù, Pietro e Giovanni vennero arrestati e portati davanti al Sinedrio dove si espressero in termini molto duri. Ma su consiglio del grande Maestro Gamliele il Sommo Sacerdote - ancora Caifa! - si limitò ad un’ammonizione a comportarsi con maggiore prudenza. Quindi da parte ebraica non c’era ostilità a quanto predicato, anche se non lo si condivideva, era invece forte l’esigenza di non provocare le autorità romane ad intervenire con la loro nota crudeltà.

 

Si ebbero poi continui mutamenti della politica romana. Nell’anno 36 e.v. il nuovo Legato della Siria, Vitellius incontrò sull’Eufrate il Gran Re dei Parti Artabano III; quale rappresentante personale dell’imperatore Tiberio partecipò con funzioni di anfitrione il Tetrarca Erode Antipa. Non c’è notizia sulla probabile partecipazione di re Izates del “regno ebraico” dell’Adiabene accanto al Gran Re Artabano III.

 

In Giudea le autorità romane sembrarono diventare più tolleranti: Il nuovo Legato Vitellius destituì Pilato e nominò uno dei suoi generali, Marzellus, quale Prefetto (anche se senza deleghe imperiali) e sostituì pure il Sommo Sacerdote Caifa col cognato Jonathan.

 

All’epoca di Settimio Severo - oltre 160 anni dopo i fatti – Tertuliano, per far riconoscere il Cristianesimo quale religione lecita, affermò:

1.            Che a Pilato sia stato rimproverato, come ingiusta, la condanna a morte di Gesù Cristo. Non tenne conto della natura tirannica dell’Impero Romano dove chi non era cittadino romano era privo di garanzie giuridiche.

2.            Che Tiberio volesse riconoscere il Cristianesimo quale “religione lecita”. Non tenne conto del fatto che nell’anno 35 e.v. non c’era ancora la separazione fra le comunità ebraiche e quelle cristiane.

E’, invece, molto più plausibile che il nuovo Legato per la Sira volesse solo sapere se Pilato per caso non aveva mandato a morte un re o principe di uno dei due regni ebraici vassalli che avrebbe potuto essere un prezioso ostaggio nelle dispute con il Gran Re dei Parti.

Filone di Alessandria cita una lettera di Erode Agrippa I° (nipote di Erode il Grande) a Caligula (succeduto a Tiberio nell’anno 37 e.v.) dove è scritto “non vi è arbitrio che Pilato non commise in Giudea”. Degli arbitri e della crudeltà di Pilato parla anche Giuseppe Flavio.

 

Tiberio morì nell’anno 37 e.v. e Caligula divenne il nuovo imperatore. Vitellius si adeguò rapidamente al nuovo corso filo ellenista e sostituisce il Sommo Sacerdote Jonathan con il fratello Theophilo, ritenuto più ubbidiente. Marullus divenne il nuovo Prefetto in Giudea.

Si ebbero le prime limitazioni all’autonomia del Tetrarca della Galilea, Erode Antipa, il cui conflitto con il re dei Nabbatei venne visto con disapprovazione dal Legato Vitellius. Infine nell’anno 39 e.v.Erode Antipa venne esiliato perché sospettato di idee rivoluzionarie avendo ammassato troppe armi. Tetrarca della Galilea divenne Erode Agrippa, nipote di Erode il Grande (figlio di Aristobulo, uno delle vittime della Strage

degli Innocenti) che era vissuto per molti anni a Roma dove aveva stretto molte amicizie sia con Caligulache con altri membri della famiglia imperiale. Nell’anno 37 e.v. ebbe territorio ad est del Giordano

che era stato il Tetrarcato di Erode Filippo e, successivamente, nell’anno 39 e.v. - quando venne esiliato Erode Antipa - anche il Tetrarcato della Galilea. Grazie alle sue amicizie romane riuscì ad aiutare la comunità ebraica di Alessandria nel conflitto con i greci. Riuscì poi a convincere Caligula a non insistere nella pretesa di venire adorato come divinità nel Tempio di Gerusalemme e nelle sinagoghe.

 

Nell’anno 41 e.v. il nuovo imperatore Claudio gli concesse di ricostituire il Regno di Giudea di Erode il Grande. Dopo 35 anni di malgoverno tirannico dei prefetti romani ciò venne visto dal popolo quale segno di miglioramento. Molti si erano ormai resi conto che un re “peccatore” era sempre meglio di un prefetto romano. Infatti, Erode Agrippa a Gerusalemme si mostrava devoto – nel Tempio venne acclamato con le parole “non piangere Agrippa, sei nostro fratello” - ma aveva l’abitudine di recarsi spesso a Cesarea per farsi festeggiare (o adorare) dai cittadini greci della città.

 

Agli occhi di Erode Agrippa I° - che certamente non comprese le questioni dottrinali - i cristiani erano dei sostenitori di Casa di David e contrari a Casa di Erode; ciò spiega la sua ostilità.

 

Atti 12,3 e segg:   Pietro venne arrestato e portato in prigione. Ma neanche il re (cioè Erode Agrippa) aveva il potere di far riunire il Sinedrio quale tribunale nei giorni precedenti Pesach/Pasqua e Pietro riuscì a fuggire. Ciò dovrebbe far riflettere coloro che insistono a dire che nell’anno 33 e.v. Gesù sia stato giudicato di notte, e di Vigilia, dal Sinedrio.

 

L’iniziativa di Erode Agrippa II di invitare altri re vassalli ad una riunione a Tiberiade venne vista male dal Legato che intimò agli ospiti di ritornare subito nei loro “regni”. Erode Agrippa morì improvvisamente nell’anno 44 proprio a Cesarea in circostanze oscure; in Atti degli Apostoli è detto che era stato beccato da un uccello. Da notare che anche un altro partecipante a quella riunione, il re-sacerdote di Emesa, morì improvvisamente lo stesso anno.

 

Non appena consolidata la propria posizione – venne acclamato nel Tempio “… sei nostro fratello” – Erode Agrippa Ics consentì la venuta a Gerusalemme della madre Helene e di alcuni figli del re dell’Adiabene, Izates. Negli anni successivi i reali dell’Adiabene vennero considerati da molti come un punto di riferimento. Re Monobaz, fratello e successore di Izates, alcuni anni più tardi visitò Gerusalemme e partecipò alla cerimonia dell’Osanna al Tempio di Gerusalemme. Le due nuove dinastie ebraiche, che non discendevano da Casa di David, si erano accordate per una coesistenza.

Nell’anno 44 e.v. L’Imperatore Claudio abolì il regno e istituì nuovamente la Provincia della Giudea comprendente la Giudea vera e propria, la Samaria, la Galilea, l’Idumea e la Perea oltre il Giordano. Il figlio (Erode Agrippa II) all’epoca era troppo giovane e solo nell’anno 48 e.v. ebbe un piccolo regno (Chalchis) nella regione del Libano e venne nominato Supervisore del Tempio (cioè col compito di avvallare le nomine decise dal Prefetto); in seguito gli vennero affidati altri territori.

 

Negli anni 48 e 49 e.v. in Giudea si ebbe una carestia con crisi economica per cui si accentuarono le differenze e contrasti fra ricchi e poveri. Molti predicatori e falsi profeti sfruttarono l’attesa messianica del popolo per trascinare le masse ad atti inconsulti e trovarono ascolto anche fra i sacerdoti del Tempio che abbandonarono la linea della prudenza dei loro predecessori. Le autorità romane erano sempre meno capaci di assicurare l’ordine e il rispetto della legge. C’era il crescente terrore esercitato dai “Sicari” (gruppo formatosi fra gli Zeloti) che, con i loro pugnali ricurvi, uccisero le persone note per prudenza e, per questo, accusate di essere traditori.

 

Nell’anno 54 e.v. morì Claudio e Nerone divenne nuovo Imperatore. Nell’anno 55 e.v. scoppiò una nuova guerra fra Roma e il Regno dei Parti per l’influenza sull’Armenia che nell’anno 63 e.v. fini con un compromesso.

 

Gli ultimi due Prefetti della Giudea accentuarono lo sfruttamento economico: tassazione eccessiva e grande corruzione secondo il detto: “Povero giunse nella ricca Siria; lasciò ricco la Siria povera”. La corruzione, gli arbitri e la crudeltà dell’ultimo Prefetto – Cessius Florus – provocarono nell’anno 66 e.v. prima disordini, poi la durissima repressione romana e, infine, la ribellione popolare contro Roma, anche per i duri conflitti fra Ebrei e Greci a Cesarea.

 

Erode Agrippa II cercò invano di trattenere i cittadini di Gerusalemme da una ribellione senza prospettive. Il conflitto tra l’Impero Romano e il Regno dei Parti era finito con compromessi per cui si era isolati in una lotta contro le legioni romane. In più il crudele ed avido Cessius Florus godeva di solidi appoggi nella corte imperiale per cui l’invio di una delegazione presso l’Imperatore era inutile. A Gerusalemme presero però il sopravvento gli estremisti: gli Zeloti in divergenza con altri due gruppi rivali. Alla rivolta aderirono anche “sacerdoti patriottici” e gruppi provenienti dall’Idumea. Chi era consapevole dell’assurdità della lotta dovette lasciare la città. Tra tanti, anche i giudeo-cristiani Ebioniti lasciarono Gerusalemme dove in breve tempo fra i vari gruppi iniziarono scontri nei quali caddero più ebrei che romani.

 

Iniziò la Guerra Giudaica con l’intervento del Legato della Siria Gallus che assediò Gerusalemme per alcuni gironi e venne attaccato e sconfitto rovinosamente durante il ritiro. Questa iniziale vittoria, che richiamò le gesta dei Maccabei, rafforzò il partito della guerra. Per i contrasti fra Zeloti e Sicari venne a mancare fin dall’inizio l’unità di comando. Le comunità della Diaspora erano contrari ad una lotta che le poteva esporre a nuovi contrasti con le maggioranze greche nelle città e metterle in difficoltà con le autorità imperiali.

Nerone richiamò sia Gallus che Florus e nominò Vespasiano - esperto generale che già aveva represso una rivolta in Britannia - al comando in Giudea. Vespasiano riconquistò subito la Galilea e, dopo alcuni mesi la parte occidentale della Giudea e la Perea. I Romani conoscevano bene sia il territorio che le fortezze per via della precedente occupazione; di ciò non tengono conto le diverse accuse di tradimento riportate in letteratura. Molti – non solo Giuseppe Flavio – si arresero di fronte all’avanzata delle legioni romane. Alla morte di Nerone nell’anno 68 e.v. si ebbe una pausa nei combattimenti.

 

Nel mese di giugno dell’anno 69 e.v. venne occupato il territorio vicino a Gerusalemme. L’’elezione del nuovo Imperatore portò ad una nuova pausa dei combattimenti che però non venne usata né per cercare una soluzione pacifica/politica né per preparare una migliore difesa della città dove, invece, proseguirono le lotte intestine fra i rivoluzionari. Il Maestro Jochanan ben Zakai, che invano aveva perorato la ricerca della pace dovette lasciare la città fingendosi morto e facendosi trasportare dai discepoli in una bara. E’ ipotizzabile che questo Maestro abbia compreso che Vespasiano, con l’appoggio delle sue legioni potesse diventare imperatore; la tradizione dice che glielo avrebbe predetto descrive in forma poetica l’unica azione politica sensata per evitare che insieme alla città venisse distrutta anche la nazione. Chiedendo a chi apparve il chiaro vincitore la concessione della città di Javneh/Jamnia per istituirvi una scuola e riprendere lo studio e l’insegnamento della Legge era l’unico modo per salvare l’esistenza della nazione.

Vespasiano, nuovo Imperatore, lasciò il comando al figlio Tito, nominato Legato per la Giudea con Tiberio Alessandro, nipote di Filone d’Alessandria e in precedenza prefetto in Giudea, quale capo di stato maggiore.

Nel mese di Aprile dell’anno 70 e.v., in coincidenza con la festa di Pesach, iniziò l’assedio stretto di Gerusalemme, città dove i capi della rivolta avevano ammesso,in modo del tutto irresponsabile, masse di pellegrini. Nel corso del duro assedio il Tempio venne distrutto da un incendio.

 

La resistenza degli Zeloti proseguiva in alcune fortezze sul Mar Morto, a lungo assediate dalla Legione; ultima a cadere fu la fortezza Massada nella primavera dell’anno 73 e.v. Sempre nell’anno 73 e.v. la cavalleria del regno degli Alani, alleato con l’Impero Romano, invase l’Adiabene, regno ebraico, e la Mesopotamia pure con una forte comunità ebraica. Città e nazione erano ormai distrutte.

Vi furono molti morti e molti vennero venduti nei mercati di schiavi o mandati a morire negli spettacoli circensi. Ciò che era stato Terra di Israele con alcune norme a tutela del carattere sacro della città di Gerusalemme perse, anche giuridicamente, il proprio carattere ebraico. Vennero fondate alcune città romane e si ebbero altri espropri di terre; in molti casi i precedenti proprietari vennero ridotti ad affittuari con i rapporti regolati dalle dure norme romane.

 

La carica di Sommo Sacerdote - che i Romani dall’anno 161 a.e.v. con gli accordi conclusi da Giuda Macabeo avevano considerato il rappresentante di tutto il popolo ebraico – venne abolita. Col Fiscus Judaicus i contributi annuali che dalla Diaspora venivano inviati a Gerusalemme per il Tempio dovevano ora andare a finanziare la ricostruzione del Tempio di Giove a Roma; una prestazione umiliante imposta agli Ebre per poter continuare ad osservare i Precetti.

 

Alcuni Zeloti provarono a proseguire la loro lotta in Egitto. Ciò portò nell’anno 73 e.v. il Prefetto Lupus ad ordinare la chiusura del Tempio di Onias a Leontopoli e, in seguito, la confisca del relativo patrimonio. Vennero quindi vietate riunioni di preghiera in quel luogo.

 

Altri disordini vennero fomentate a Cirene dal falso messia Jonathan che, dopo essere stato catturato nell’anno 74 e.v., disse di essere stato appoggiato da grandi mercanti ebrei di Alessandria d’Egitto e Roma. Su intervento di Erode Agrippa II Vespasiano e Tito assolsero questi ebrei dalle accuse, sostenute, invece, dal Legato di Cirene.

 

Nell’anno 75 e.v. Erode Agrippa II° venne nominato “Prato” e, quindi, inserito nella gerarchia romana. C’era chi si illudeva che potesse diventare re di Giudea, anche se vassallo; era ormai tardi. Infatti, con Vespasiano iniziò il processo dell’eliminazione dei regni vassalli che vennero, quasi tutti, trasformati in province. Erode Agrippa II morì intorno all’anno 98 e.v.; la Dinastia Idumea uscì cosi di scena.

 

VERSO LA SEPARAZIONE FRA LE COMUNITA’ CRISTIANE E QUELLE EBRAICHE

Gli Ebioniti erano i membri della prima comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme guidata da Giacomo, parente di Gesù. Ad un certo punto Pietro (che all’Ultima Cena era stato designato quale guida della comunità) dovette lasciare Gerusalemme ed andare prima ad Antiochia e poi a Roma. Notevole fu l’adesione di Paolo di Tarso (città dell’Asia Minore e centro di studi filosofici) che a Gerusalemme era stato discepolo del Maestro Gamliele. Essendo cittadino romano (per nascita) e di grande cultura greca poté compiere diversi viaggi e predicare alle comunità della Diaspora.

 

Da rilevare come, ritornato da un suo viaggio, Paolo al Tempio - Atti, 21,27 segg. - sia stato coinvolto in una violenta discussione e catturato dal Tribuno della coorte intervenuto per sedare disordini. Potendosi Paolo qualificare come cittadino romano per nascita – Atti 21,37 - il Tribuno dovette rispettare alcune norme di garanzia. Da rilevare i seguenti passaggi ricordati in Atti degli Apostoli:

a.            Atti 23,6/7/8. Essendosi Paolo qualificato come “Fariseo, figliol di Farisei” i Farisei dicono di non trovare niente contro quest’uomo.

b.            Atti 24,1 segg. A Cesarea, di fronte al Prefetto, il Sommo Sacerdote deve far sostenerle accuse da un retore con nome greco, forse non ebreo.

c.             Atti 15,15 segg. Successivamente, Paolo viene interrogato in presenza di Erode Agrippa II° che, non trovando niente da rimproverare – Atti 26,32 - disse: “Quest’uomo potrebbe essere liberato se non si fosse appellato a Cesare”.  

 

SVILUPPO DELLA SEPARAZIOJNE FRA COMUNITA’ EBRAICHE E COMUNITA’ CRISTIANE

Con l’esito disastroso della Guerra Giudaica – distruzione del Tempio e della città di Gerusalemme, chiusura del Tempio di Onias in Egitto e caduta di Massada – i vari gruppi del popolo ebraico persero il punto di riferimento comune. I Romani si erano mossi, come in altri casi, per distruggere sia la città col Tempio che la nazione. La città col Tempio era stata completamente distrutta ma la nazione dispersa in tutto il mondo allora conosciuto era si duramente colpita ma non distrutta.

L’Ebraismo poté sopravvivere perché la dottrina dei Farisei era ormai diffusa sia in Giudea che nelle comunità della Diaspora. Prevalse il metodo interpretativo della Scuola di Hillèl rispetto a quello, più rigoroso, della Scuola di Shamai.

 

Senza entrare in interminabili disquisizioni teologiche, per un’analisi storica è necessario distinguere fra i Giudeo-Cristiani e i Cristiani seguaci della Predicazione Paolina.  

 

Fra i Giudeo-Cristiani per questa analisi è rilevante il gruppo degli Ebioniti che per oltre tre secoli riusciva a scegliere le proprie guide nell’ambito della Famiglia del Fondatore. Qui i punti di contrasto rilevanti sono:

1.            Per negare l’obbligo dell’osservanza di molti precetti arrivarono a negare l’autenticità di molti Libri della Bibbia. Ne deriva la dura polemica fra Ebrei e Giudeo-Cristiani con la formula “Per gli eretici non ci sia speranza” nelle “Diciotto Benedizioni”.

2.            L’altro punto rilevante di disputa era il significato della notte del primo giorno di Pesach/Pasqua. Si riferisce la domanda, provocatoria, “Che significa per voi questa notte?” Cioè “per voi non per lui.”   Quindi chi poneva questa domanda si escludeva dalla collettività e rinnegava un principio basilare dell’Ebraismo – l’Esodo dall’Egitto – poteva solo avere una dura risposta “Per quello che mi fece il Signore quando uscii dall’Egitto, A me, non a lui, se egli si fosse trovato là non sarebbe stato liberato”.

Nell’Impero Romano peraltro si diffuse la Predicazione Paolina che:

1.            Non richiedeva la Circoncisione per la conversione; alle comunità cristiane paoline poteva quindi aderire anche chi era nato pagano ma non voleva essere circonciso.

2.            Rimandava la speranza del Regno dei Cieli ad un futuro non meglio precisato mentre la Predicazione dei Maestri Ebrei attendeva il Messia in un futuro prossimo quale l’Anno Giubilare 85/86.

3.            Consigliava di trattare lo schiavo come un fratello. Pertanto lo schiavo battezzato non aveva la prospettiva di venire liberato dopo alcuni anni. Lo schiavo circonciso, invece, secondo le norme della Torah. aveva la prospettiva di venire liberato dopo alcuni anni.

4.            Riconosceva l’autenticità di tutti i Libri della Bibbia ma aggiunse anche alcuni che i Maestri della Scuola di Javneh/Jamnia, invece, non avevano ritenuto di includere nel Canone. Si differiva comunque, sempre di più, sulla loro interpretazione.

 

L’attesa ebraica del Messia per l’Anno Giubilare 85/86 e.v. mise in sospetto le autorità romane, ciò spiega i successivi provvedimenti di Domiziano contro Ebrei e Tementi di D’O, personalità romane che simpatizzavano per la dottrina ebraica anche senza la conversione, con circoncisione.

 

Vespasiano e Tito vengono descritti come tolleranti e per gli anni del loro governo non si hanno notizie di persecuzioni contro Ebrei e Cristiani. Vespasiano tentò di riaffermare le tradizioni culturali romane di fronte alla cultura greca ormai molto diffusa.

 

Domiziano nei primi anni del suo governo era impegnato in alcune guerre contro Germani e Daci. Durante gli ultimi tre anni del suo dominio volle accentuare la centralità dell’Impero con la deificazione della figura dell’Imperatore. Rese più rigoroso il Fiscus Judaicus prevedendo accertamenti umilianti per verificare se un uomo fosse circonciso.

 

Dopo la morte di Domiziano il nuovo Imperatore Nerva riconobbe la distinzione fra ebrei e cristiani che vennero quindi esentati dal tributo del Fiscus Judaicus. Ad oltre un secolo dalla Fuga in Egitto della Sacra Famiglia il Cristianesimo venne riconosciuta come culto diverso dall’Ebraismo. Ma l’esenzione dal tributo del Fiscus Judaicus non comportava l’esenzione di partecipare ai vari culti di fronte alle immagini imperiali il che spiega in parte le varie persecuzioni contro i Cristiani nei secoli successivi. Le due comunità erano ormai separate.

 

 

WOLF MURMELSTEIN