DALLA FUGA IN EGITTO

ALLA SEPARAZIONE FRA CRISTIANI ED EBREI

 

PREMESSA

La presente nota trae origine dall’azione svolta da chi scrive per combattere la menzione sui libri di  testo di storia dell’infame accusa di Deicidio che per secoli ha istigato attacchi violenti contro le comunità ebraiche nell’Europa cristiana. Questa azione, che ha ottenuto qualche piccolo risultato, ha invogliato a studiare lo sfondo storico e i motivi della separazione fra Cristiani e Ebrei. Infatti, solo conoscendo le ragioni della separazione è possibile gettare le basi per un vero dialogo.

 

Quanto esposto in queste poche righe porta a dimostrare l’assurdità dell’infame accusa di Deicidio. Quanto narrato, infatti, nel Nuovo Testamento rispecchia la situazione del popolo ebraico in quei tempi . E’ quindi da respingere il vezzo di molti “studiosi” di dire che questo o quell’altro episodio narrato o detto riportato sia frutto di interpolazioni oppure di pie leggende. In questo studio gli episodi e i detti citati vengono inseriti nel contesto storico dell’epoca cercando di vedere tutto con gli occhi dell’apparato repressivo – Prefetti, Centurioni, Pretori, ecc -  di quella tirannia genocida che era l’Impero Romano.  Solo  cosi si comprende il comportamento di coloro – Sommo Sacerdote, Sinhedriti, ecc. - che all’epoca dovettero rappresentare il popolo ebraico di fronte all’oppressore romano.

 

LE CONDIZIONI DEL POPOLO EBRAICO ALL’EPOCA DEI FATTI NARRATI NEL NUOVO TESTAMENTO

La Fuga in Egitto segna l’inizio del Cristianesimo ed è da inquadrare nella crisi politica degli ultimi anni del regno di Erode il Grande, visto da molti come un usurpatore imposto dall’Impero Roman che però  viene ricordato per la sua munificenza – grandi costruzioni  in Giudea e in altre provincie -  il cui costo gravava sul popolo. L’economia della Giudea, dove vigevano all’epoca almeno in parte le norme sociali della Legge, era in difficoltà nella globalizzazione economica realizzatasi nell’Impero Romano. Segno delle tensioni sociali era la formazione del gruppo degli Zeloti. Molti oppositori guardavano o alla Casa degli Asmonei o alla Casa di David per un’alternativa senza considerare che la linea maschile dell’una e dell’altra  era ormai estinta e non si sapeva, quindi, chi avrebbe potuto essere il personaggio guida per una lotta di liberazione.

 

Si deve ricordare che, all’epoca, il popolo ebraico era già oppresso e disperso, dentro e fuori i confini dell’Impero Romano. Inoltre vi fu pure la divisione fra partiti: il partito dei Sadducei (sacerdoti con amici e clienti) e farisei (borghesia e proletariato delle città) a propria volta suddiviso in vari gruppi e “scuole” guidate da vari Maestri e con seguaci anche nelle comunità della Diaspora (nell’Impero Romano e oltre i confini). Un’altra contrapposizione rilevante è quello fra borghesia cittadina (farisei) e ceto rurale, detto  “popolo della terra” o “poveri di spirito” nel senso di privi di istruzione e estranei alle dispute.

 

LA FUGA IN EGITTO

Protagonista della Fuga in Egitto è la Sacra Famiglia – Giuseppe, Maria e Gesù – che deve fuggire dalla città di Nazareth, in Galilea.

La “Strage degli Innocenti” è un riferimento alla condanna e l’esecuzione sotto accusa di  oltraggio ad Erode dei due figli nati dalla seconda moglie Mariam (principessa di Casa degli Asmonei) e di circa 300 loro seguaci. Questi figli erano quindi considerati gli ultimi eredi della Casa degli Asmonei e vennero cosi l’Impero Romano, e il suo vassallo, l’accusa venne formulata come oltraggio ad Erode quale “Pater Familias” reato di diritto romano. L’intera famiglia di Erode aveva infatti la cittadinanza romana e quindi erano giudicati secondo le leggi romane.

Il riferimento ai Re Magi – o meglio, loro messi – venuti dall’Oriente a Betlemme indica che la Sacra Famiglia aveva contatti con lo ”Estero Nemico”, cioè il Regno dei Parti, in contrasto con l’Impero Romano. Accanto al Gran Re in molte regioni governavano dei re vassalli, alcuni dei quali, appunto, appartenevano al ceto religioso dei Magi. Nel Regno dei Parti viveva una grande comunità ebraica sotto la guida dell’Exilarca, discendente in linea femminile da Casa di David.

Si avevano molte comunità ebraiche sia nell’Impero Romano che oltre i suoi confini: nel Regno dei Parti, in India, Etiopia, Arabia. Pare che alcuni gruppi si siano spinti fino alla Cina.Da parte romana si cercò di minare il Regno dei Parti facendo leva sia sulle diverse città greche che risalivano al passato Regno Seleucida che sulle ambizioni di alcuni re-vassalli. I Parti, a loro  volta, facevano  leva sul risentimento contro i romani sia degli Ebrei che degli altri popoli semiti nell’area della Siria.

Il dominio romano nelle provincie era, infatti, caratterizzato da un intenso e duro sfruttamento.  Si ebbero quindi crescenti tensioni sociali, anche per gli espropri di terre poi assegnate a veterani romani.

Il fenomeno astronomico indicato come la Stella Cometa che avrebbe guidato i Re Magi si verificò nel mese di settembre dell’anno 7 a.e.v. vale a dire poco dopo l’esecuzione della condanna dei due figli di Erode e di molti loro seguaci e l’inizio della persecuzione da parte di Erode di quei Farisei che non volevano prestare il giuramento di fedeltà.

La Sacra Famiglia era consapevole di poter trovare rifugio presso la comunità ebraica di Alessandria d’Egitto per poter sfuggire alla polizia di Erode; però bisognava raggiungere l’Egitto. La sosta nella Grotta (della Natività), ospiti di pastori, indica che   Giuseppe, in fuga,certo  non poteva sostare nella locanda dove sarebbe stato identificato e  catturato dalla polizia di Erode. E, probabile che appartenesse ad un gruppo di Farisei che  volevano superare la  contrapposizione fra ceto urbano e ceto rurale. I pastori, sfidando il rischio di venire puniti dalla polizia di Erode, gli accordavano quindi rifugio. Betlemme all’epoca era vicino al confine col Regno dei Nabatei, dove i controlli erano forse meno severi che al confine con l’Egitto.

 

IL RITORNO DALL’EGITTO

La Sacra Famiglia torna dopo tre anni di soggiorno in Egitto quando apprende che Erode era morto e in Giudea governava il figlio Archelao. Torna a Nazareth in Galilea dove regnava, con il titolo di Tetrarca un altro figlio, Erode Antipa.

La Sacra Famiglia fece il Pellegrinaggio per Pesach/Pasqua a Gerusalemme quando Gesù, all’età di 12 anni e quindi giusto prima della Sua maggiore età religiosa o Bar Mitzvah, si presentò davanti ai Maestri. Un Vangelo Apocrifo riferisce che abbia parlato con i Maestri di tutte le scienze studiate all’epoca. La versione che Giuseppe e Maria abbiano lasciato il gruppo dei pellegrini di ritorno verso la Galilea “per cercare Gesù” potrebbe indicare che abbiano avvertito l’esigenza di tenere segreta la  presentazione di Gesù di fronte ai Maestri.

Nell’anno 6.e.v.- all’incirca l’anno della presentazione di Gesù davanti ai Maestri - venne esiliato Archelao e istituita la Provincia Imperiale di Confine della Giudea che comprendeva anche la Samaria e l’Idumea. In quell’anno venne effettuato il Censimento al quale viene accennato nel Nuovo Testamento.

 

PERIODO NON NARRATO – DALLA BAR MITZVAH ALL’INIZIO DELLA PREDICAZIONE PUBBLICA

Tiberio diventa imperatore e, con lui, assume vasti poteri Seiano, Prefetto del Pretorio, molto ostile alle comunità ebraiche; molti ebrei di Roma vengono mandati in Sardegna e nei Pirenei per lavori in miniera.

Nel Regno dei Parti si ebbero due avvenimenti che da una parte eccitarono le speranze messianiche ebraiche e la propaganda degli Zeloti mentre dall’altra parte allarmarono le autorità romane:

a.        Nella città di Nehardea si ebbe la ribellione di operai ebrei tessitori e i fratelli Anileus e Asineus organizzarono un regno ebraico, in qualche modo riconosciuto dal Gran Re Artabano III°, acceso avversario (se non nemico) di Tiberio.

b.      Il Regno vassallo semi-indipendente dell’Adiabene, che sorgeva sul territorio dell’antica Assiria, divenne regno ebraico per la conversione  della dinastia reale e della nobiltà. La profezia della conversione del re di Niniveh – Libro di Giona – sembrava quindi avverata.

Tiberio, su evidente suggerimento di Seiano, nominò Ponzio Pilato – della classe dei cavalieri e discendente da uno degli assassini di Giulio Cesare – Prefetto della Giudea e  Procuratore del Patrimonio della Casa Imperiale. Aveva tutti due titoli menzionati che non sono alternativi. Con Ponzio Pilato il dominio romano in GIudea divenne ancora più duro e  provocatorio sul piano religioso: La legione ostentava le immagini pagane e vennero battute monete con immagini di Tiberio. Il Sinedrio venne obbligato a riunirsi nella parte del Tempio dove i non ebrei potevano entrare e quindi Pilato poteva cosi controllare le discussioni. Infine, Pilato attinse al Tesoro del Tempio con la motivazione di lavori pubblici – costruzione di un acquedotto – ma non si sa quale profitto personale ne trasse.

Nel Tetrarcato della Galilea, che comprendeva anche una striscia di territorio sulla riva orientale del Giordano – venne decapitato Giovanni il Battista che nella propria predicazione denunciava come il tetrarca Erode Antipa avesse vistosamente violato le norme morali ebraiche. Infatti, Erode Antipa aveva sposato la cognata, ripudiata dal fratellastro, dopo aver ripudiato, a propria volta, la moglie che era figlia del re dei Nabatei. Ciò era un peccato dal punto di vista religioso e folle dal punto di vista politico.

 

GESU’ INIZIA LA PREDICAZIONE

 Intorno all’anno ebraico 28/29 e.v. iniziò la predicazione di Gesù Cristo e non si deve più parlare della Sacra Famiglia. E’ il primo anno del settennio precedente l’Anno Giubilare – databile 35/36 e.v. – quando,secondo le aspettative doveva arrivare il Messia  con l’integrale vigenza della Legge e, molto importante, il ritorno di tutte le famiglie alle terre delle quali erano state spodestate e la reciproca remissione dei debiti.  All’epoca molte famiglie erano indebitate o ricordavano di essere state espropriate dalle proprie terre.

In quegli anni il popolo ebraico era disperso fra la Giudea, la Galilea, molte comunità nell’Impero Romano, una grande collettività nel Regno dei Parti con i “regni ebraici” di Nehardea e Adiabene, altri gruppi in Etiopia e India. Mancano notizie attendibili su gruppi dispersi nell’Asia e Centrale e Cina; vere pecore smarrite di Casa di Israele.

 Nella Provincia Imperiale di Confine della Giudea,  che comprendeva Giudea  Samaria e Idumea,  la situazione era  segnata dalla forte contrapposizione sia con i Samaritani che con gli abitanti delle varie città greche. Inoltre si ebbe la divisione fra partiti quali i Sadducei (aristocrazia sacerdotale e laica con relativi clienti), Farisei (borghesia e proletariato delle città, essenzialmente Gerusalemme), Zeloti  (fautori della resistenza armata, chiamati anche “banditi”), Esseni (pietisti  dimoranti sul Mar Morto). La borghesia cittadina (commercianti, artigiani, ecc.) era contrapposta al ceto rurale per interessi e. quindi,  anche per varie opinioni dottrinali. Infine, gli  Idumei erano malvisti come discendenti di Esau, sostenitori e di Erode e alleati dei Romani.

La Galilea governata dal Tetrarca (principe provinciale e non re) Erode Antipa, uno dei tanti figli di Erode il Grande. Del Tetrarcato faceva parte anche la Perea, riva orientale del Giordano, confinante con il Regno dei Nabatei.  Prevaleva il ceto rurale, chiamato dai Farisei, in senso riduttivo, “popolo della terra”; parola ormai diventata  sinonimo di ignorante. La configurazione geografica era favorevole alla diffusione di gruppi di Zeloti.

La Decapoli, area sulla riva orientale del fiume Giordano e sul Mar della Galilea di 10 città greche. Era un’area prima appartenente al Regno di Israele e allo Stato degli Asmonei, che da Pompeo  venne posta sotto il controllo diretto del Proconsole della Siria e poi restituita da Augusto ad Erode. All’epoca di Gesù era di nuovo sotto il controllo diretto del Proconsole.

Nelle Diaspora, sia nell’Impero Romano che nel Regno dei Parti, i rapporti delle comunità ebraiche con i greci erano tesi, specialmente ad Alessandria d’Egitto e Antiochia, dove negli anni seguenti si ebbero provocazioni di ordine religioso seguiti da tumulti e scontri. La borghesia  mercantile greca era interessata ad indebolire la posizione delle comunità ebraiche.

 Il Proconsole della Siria, con sede ad Antiochia, aveva il controllo sul Prefetto della Giudea, sul Tetrarca della Galilea e sulle città della Decapoli. Ogni segnale di possibili ribellioni popolari, di scarsa lealtà o di “debolezza” (insufficiente durezza del dominio) veniva raccolto dagli “agentes in rebus” – ufficialmente corrieri – che costituivano un efficiente servizio segreto che poteva riferire direttamente a Roma.

 

L’IMPERO ROMANO TEMEVA RIVOLTE SOCIALI E CONTATTI CON L’ESTERO NEMICO

Era ancora vivo il ricordo delle grandi rivolte di schiavi. Nell’anno 132 a.e.v.  era iniziata la rivolta degli schiavi in Sicilia – molti erano prigionieri originari dai regni ellenisti dell’Asia Minore. L’ultimo re di Pergamo, al momento dell’inizio della sua sollevazione contro Roma, aveva lanciato un proclama per invitare gli schiavi alla rivolta.  Nell’anno 73 a.e.v. lo schiavo tracio Spartaco scatenò la rivolta degli schiavi traci nella zona di Capua; si unirono anche schiavi germani e celti. Nello stesso periodo si ebbe una campagna romana contro una tribù della Tracia. 

Con queste premesse, quando Gesù disse “beati i poveri di spirito perché loro sarà il regno dei cieli” – interpretabile come promessa che il Messia nell’imminente anno giubilare avrebbe ridato la terra alle famiglie che ne erano state espropriate - gli spioni romani potevano solo percepire un invito alla rivolta sociale.

I rapporti dell’Impero Romano con il Regno dei Parti erano sempre tesi. Negli anni dal 29 al 36 e.v. l’Impero Romano appoggiava un pretendente contro il Gran Re Artabano III°. Le comunità ebraiche in Babilonia e Mesopotamia godevano di una certa autonomia sotto la guida dell’Exilarca, discendente in linea femminile di Casa di David.  Il Regno Ebraico semi indipendente dell’Adiabene e il “Regno rivoluzionario” di Nehardea erano legati al Gran Re Artabano III°  che, invece, non poteva contare sulla lealtà delle città greche. Quindi l’invito agli Apostoli  “… andate dalle pecore smarrite di Casa di Israele” poteva solo venire interpretato come un tentativo di fare causa comune col Gran Re dei Parti.

La medicina praticata e insegnata dal ceto dei Magi era differente da quella greca, la sola lecita nell’Impero Romano. Le guarigioni praticate, non spiegabili con la medicina  greca, potevano venire viste come prove di rapporti con i Magi del Regno dei Parti.  

 Il gesto di Gesù di far affogare i porci nel Giordano era motivo di allarme. Viene detto che gli spiriti maligni entrarono nei porci che correndo affogarono nel fiume. Infatti, esaminando lo sfondo storico del gesto se ne rileva il significato. La Decapoli – insieme di città greche – separava la Galilea dalla Perea ed era un territorio considerato Terra di Israele dove l’esistenza di allevamenti di porci era quindi considerato una profanazione. Gli spiriti maligni erano quindi i riti pagani  considerati immondi come i porci. Pertanto, per purificare questa parte di Terra di Israele gli spiriti maligni dovevano entrare nei porci da affogare nelle acque del Giordano. Il gesto  appariva quindi ali spioni romani come un invito alla ribellione.

 Il gesto di attraversare un campo di grano e aprendosi un sentiero doveva suscitare grande allarme. Infatti, secondo le norme solo un re aveva il diritto di aprirsi un sentiero in un campo coltivato di grano. Se poi il gesto venne compiuto da chi era considerato discendente di Casa di David l’attenzione delle autorità romane era nell’ordine delle cose. 

 

LA SITUAZIONE NELL’ANNO 32/33 e.v.

La situazione è ben rappresentata dall’Evangelista Giovanni – che, a differenza degli altri (Matteo, Marco e Luca), tiene accuratamente conto delle reali condizioni di potere in Giudea – che narra:

Giov. 11,47 e segg.:  … e dicevano: Che facciamo? Perché quest’uomo fa molti miracoli. Se lo lasciamo fare tutti crederanno in lui; e i Romani verranno e ci distruggeranno e città e nazione.

Da questa narrazione si rileva che  l’attesa messianica era molto diffusa. Il Sommo Sacerdote e i membri del Sinedrio avevano però la responsabilità per “città e nazione” e temevano, con cognizione di causa, la feroce rappresaglia romana nel caso di una sollevazione popolare.  Alla festa di Chanukkah (delle Luci) si ringrazia per … aver dato i molti dati in mano ai pochi, gli empi in mano ai timorati della Legge … Si deve però ricordare che i Maccabei avevano combattuto contro l’empio Impero Seleucida  ormai in declino mentre l’empio Impero Romano era, all’epoca, al massimo della sua potenza.

Era esperienza storica, abbastanza recente, che i Parti – nell’anno 40 a.e.v. – avevano conquistato la Giudea ma erano stati cacciati nell’anno 37 a.e.v. e Erode aveva dovuto pagare forti somme per evitare, allora, il saccheggio di Gerusalemme.

 Nell’anno 32/33 e.v. dal Regno dei Parti non poteva arrivare nessun aiuto in quanto il Gran Re Artabano III° doveva fronteggiare le insidie da parte sia di alcuni feudatari ambiziosi che delle città greche favorevoli al pretendente appoggiato dall’Impero Romano.  Dai dei due regni ebraici semi indipendenti - Adiabene e Nehardea – potevano forse venire volontari ma nessun aiuto serio. A rinforzo della Legione romana acquartierata a Cesarea potevano, invece, arrivare rinforzi immediati dalla Siria e dall’Egitto per compiere una durissima rappresaglia.

Fin dai tempi dei Maccabei i Romani consideravano quale rappresentante del popolo ebraico e, quindi responsabile, il Sommo Sacerdote che, all’epoca, veniva nominato per interferenza romana e non secondo le regole stabilite.

Cosi si spiega la risposta del Sommo Sacerdote Caifa: Giov. 11,50: Voi non capite nulla; e non riflettete come vi torni conto che un uomo solo muoia e non perisca tutta la nazione.

 

GESU’ A GERUSALEMME PER PESACH/PASQUA ANNO 33 e.v.

Gesù va a Gerusalemme per la Festa di Pesach/delle azzime/Pasqua dell’anno 33 e.v. di Domenica, il Primo Giorno, di una settimana  quando la Festa cade al Settimo Giorno,Sabato, per cui si doveva mangiare  il Sacrifico Pasquale dopo il tramonto del Venerdì, dato che per gli ebrei, come per tutti i popoli orientali, la giornata inizia con la sera e termina col tramonto.

La settimana nella quale la Festa di Pesach/Pasqua coincide con lo Shabbat – Settimo Giorno – ha un grande valore simbolico. Infatti, secondo le tradizioni, il Messia deve arrivare alla fine del sesto anno del settennio che precede l’Anno Giubliare.  E l’anno 33 e.v. era nel settennio precedeva l’anno giubilare 35/36 o, secondo altri calcoli, 36/37.

L’atto di Gesù di contestare violentemente  i mercanti presenti nel Tempio poteva essere visto solo come un incitamento a disordini In una città affollata di pellegrini e vicina ai confini.

Per Pilato la situazione si presentava molto difficile. Fra i pellegrini potevano esserci sobillatori venuti dai regni ebraici di Nehardea  e Adiabene.  Ovviamente erano numerosi gli Zeloti, sempre pronti a qualche azione dimostrativa. Ma … se liberando il capo-zelota Barabba si poteva ottenere la loro astensione da azioni violente nella settimana di Pesach?  Si poteva.

Dopo aver fatto giustiziare Seiano – che aveva cercato di spodestarlo – l’imperatore Tiberio voleva evitare conflitti superflui con le comunità ebraiche. In vista del conflitto con il Gran Re dei Parti Artabano III°  non si volevano allarmare le comunità ebraiche della Babilonia con la repressione violenta di disordini, da evitare per non doverli reprimere.

 

L’ULTIMA CENA

E’ da precisare che non era un Seder/ Simposio Pasquale e ha avuto luogo in un posto tenuto segreto fino all’ultimo di giovedì, giorno precedente la vigilia della festività di Pesach/Pasqua . Il fatto che Gesù inviò due Apostoli ad incontrare un uomo per domandare dove si poteva mangiare la Pasqua indica precauzioni per non venire scoperti.

 Non viene, poi, riferito alcun cenno all’Esodo dall’Egitto, alla recita delle preghiere per la Festa Solenne o alle azzime. Infine,gli Apostoli cedettero che Giuda fosse uscito per fare gli acquisti in vista della Festa. E di Festa Solenne (primo giorno di Pesach) e di Sabato non si potevano fare acquisti.

 

GIUDA

E’ il traditore; il problema del suo movente forma oggetto di discussioni teologiche ma è irrilevante per l’esame dello sfondo storico di quanto narrato nel Nuovo Testamento. Invece di andare direttamente dalla coorte romana (polizia) va dai sacerdoti e chiede un premio. I sacerdoti, come viene narrato, gli contano trenta argenti. Trenta è il valore in numero delle lettere consonanti che formano il nome ebraico JEHUDA e dare ad una persona il valore numerico del suo nome è, ed era allora, un segno di disprezzo.

Chi, come i sacerdoti di allora, deve rappresentare di fronte all’oppressore il suo popolo oppresso teme i delatori, che possono essere agenti provocatori . Per evitare feroci interventi di Pilato i sacerdoti dovevano essere loro ad informare la coorte che Giuda era pronto ad accompagnare soldati e guardie e indicare ai soldati chi era Gesù. Ne consegue che Gesù non era cosi conosciuto da poter essere facilmente individuato.

I sacerdoti al Tempio rifiutano poi l’offerta di Giuda  gettando a terra i trenta denari dicendo che era “prezzo di sangue” quindi non poteva venire accettato indicando cosi il delatore al pubblico disprezzo.

Sulla morte di Giuda sono riportate due versioni. In Matt. 27.5 si parla di un suicidio mentre in Atti 1.16/19 di un incidente mortale. Lo sfondo storico esposto permette di spiegare questa contraddizione apparente: E’ipotizzabile che Giuda sia stato “suicidato” quale traditore e che poi siano state predisposte le prove per far risultare l’incidente mortale. Infatti, alle autorità romane di polizia – dato che Gerusalemme non aveva i privilegi di un “Municipio” - si dovevano dare delle spiegazioni accettabili per chiudere il caso in fretta.  Un suicidio può essere motivato sia dal rimorso per il tradimento compiuto che dal terrore per la prevedibile azione degli Zeloti.

  

CATTURA DI  GESU’

Narra l’Evangelista Giovanni – tenendo conto delle reali condizioni di potere in Giudea – che Gesù venne catturato, nel Getsemani,  dal Tribuno e la coorte romana; ciò indica che si trattava di delitto contro l’Impero Romano. Il ruolo delle guardie del Sommo Sacerdote era, quindi, del tutto secondario.

Gesù viene prima portato alla casa privata – dove ci sono delle serve - dell’ex Sommo Sacerdote Hannas. E poi in quella del Sommo Sacerdote in carica Caifa. Ma non alla sede del Sinedrio, nel Tempio, dove non potevano esserci delle serve. Il Sinedrio, quale supremo tribunale, non poteva riunirsi di notte o nei giorni precedenti la Festa di Pesach e la discussione di un processo per comminare una pena capitale doveva durare due giorni, forse consecutivi.

 

DAVANTI A PILATO

Prima alla casa privata dell’ex Sommo Sacerdote Hannas, poi a quella del Sommo Sacerdote in carica Caifa e, infine, al Pretorio – ex palazzo di Erode – di fronte a Pilato. L’Evangelista Giovanni non accenna ad un processo in Sinedrio. Tiene conto del fatto che in una provincia imperiale di confine quale la Giudea il potere di giudicare delitti contro lo stato romano e pronunciare e far eseguire le condanne a morte era salda prerogativa del Prefetto, quindi di Pilato. Essendo vigilia della Festa di Pesach/Pasqua i Sacerdoti ormai non possono entrare; Pilato esce per parlare con loro, in modo evidentemente canzonatorio per coinvolgerli nei propri arbitrii. Inizia l’interrogatorio; non è precisato in quale lingua, ma non si accenna ad un interprete, che sarà stata la fonte che permette di conoscere le domande di Pilato e le risposte di Gesù.

Sono significative le prime domande di Pilato e le risposte di Gesù:

a.       Giov. 18.33 segg. … Sei tu il Re dei Giudei?  Gesù gli rispose. Dici tu questo di tuo oppure altri te l’hanno detto di me?

b.      Giov. 18, 36 … che hai fatto? Gesù gli rispose: il mio regno non è di questo mondo; …

c.       Giov. 18,37 … Allora Pilato gli disse: ma dunque, sei tu re? Gesù gli rispose: Tu lo dici; io sono re; … Chiunque è per la verità ascolta la mia voce.

d.      Giov. 18,38 Pilato gli disse. Che cosa è la verità?

 Pilato con queste domande vuole sapere se Gesù si considera Re della Giudea in quanto  discendente di Casa di David  oppure se proviene da uno dei regni ebraici vassalli del Gran Re dei Parti. Le risposte non seguono la regola del “si, si, no, no,” tanto raccomandato. 

Pilato, del tutto indifferente alla verità preferisce credere di aver catturato il Re dei Giudei. Infatti, era in suo potere far giustiziare un discendente di Casa di David che si presentava, o veni va ritenuto, come Re dei Giudei. Invece, un re o principe dei regni vassalli del Gran Re dei Parti, se catturato, doveva essere mandato a Roma quale prezioso ostaggio.

Pilato, che cinicamente domanda “che cosa è la verità?”, trova conveniente condannare Gesù  per poter liberare lo zelota Barabba e evitare azioni degli Zeloti nella settimana di Pesach e cerca di coinvolgere i sacerdoti nelle proprie illegalità:

a.       Dice. Non trovo colpa in quest’uomo. I sacerdoti gli fanno notare che se non fosse colpevole non glie lo avrebbero portato; come dire: ma se è stato il Tribuno con i soldati della coorte ad arrestarlo. Il Tribuno, con la coorte, agiva solo per delitti contro l’Impero Romano.

b.      Dice: Giudicatelo secondo le vostre leggi. I sacerdoti fanno notare di non avere il potere di pronunciare condanne a morte.

c.       Dice Pilato: Io giudicare il vostro re? I sacerdoti, ormai al colmo dell’umiliazione, devono dire “non abbiamo re all’infuori di Cesare”.

L’Evangelista Luca riferisce di un tentativo di coinvolgere il Tetrarca Erode Antipa che però si tira fuori dicendo che in Galilea Gesù non aveva avuto colpe.  Pilato ora fa il colpo grosso, anche perché intanto nel cortile si è radunata la folla di amici di Barabba. Fingendo di dimenticarsi degli altri due prigionieri pronti per essere giustiziati dice: è uso che per la festa io vi liberi un prigioniero. Chi volete che vi liberi? Gesù, il Re dei Giudei o Barabba? Da una parte una folla, coraggiosa, che grida: dacci Barabba! Ma dall’altra parte chiedere di liberare il “Re dei Giudei” sarebbe stato considerato atto di ribellione all’Impero Romano e poteva solo scatenare una feroce azione, di quelle di cui Pilato era ormai tristemente famoso. Una responsabilità che i sacerdoti non potevano prendersi. Chi oggi li giudica verrà giudicato per i propri patti col diavolo.

Pilato ora è pronto: Dopo aver soddisfatto la richiesta degli Zeloti per non creare disordini nella settimana di Pesach/Pasqua liberando il loro compagno Barabba può quindi dare un chiaro segnale di intimidazione al popolo facendo giustiziare Gesù con altri due condannati, vittime della ferocia romana, sulla collina del Golgota, in modo che il tutto fosse ben visibile.

Sulla Croce Pilato appose l’iscrizione, in tre lingue,del motivo della condanna:  ”…Re dei Giudei” e ai sacerdoti che chiesero  di scrivere  “… perché si è detto  Re dei Giudei” rispose: “Quel che ho scritto, ho scritto”: li tratta, cioè, senza alcun risguardo, come inferiori.

Far eseguire tre condanne a morte proprio il giorni di Vigilia era una profanazione della Festa stessa; certamente non un segno della, fantomatica,  tolleranza religiosa romana.

Ad una certa ora il sinedrita fariseo Giuseppe di Arimantea ottiene di poter dare sepoltura a Gesù prima dell’inizio del Sabato e della Festa. Per poter adempiere in tempo a questo atto di pietà, provvede alla sepoltura in un orto di sua proprietà.

 

DISTRUZIONE DI CITTA' E NAZIONE

A Gerusalemme si formò la prima comunità cristiana - o meglio giudeo-cristiana - sotto la guida di Giacomo era imparentato con Gesù. Però nel corso dell’Ultima Cena  Gesù aveva designato Pietro col quale non c’erano vincoli di parentel

Pietro , forse con altri Apostoli, viene portato davanti al Sinedrio dove si esprime in termini molto duri. Ma su consiglio del grande Maestro Gamliele il Sommo Sacerdote - ancora Caifa! - si limita ad un’ammonizione a comportarsi con maggiore prudenza. Quindi da parte ebraica non c’era ostilità a quanto predicato, anche se non lo si condivideva, era invece forte l’esigenza di non provocare le autorità romane ad intervenire con la loro nota crudeltà.

 Si ebbero poi continui mutamenti della politica romana:

a.        Il nuovo Proconsole della Siria, Vitellius, nell’anno 36 e.v. incontra sull’Eufrate il Gran Re dei Parti Artabano III° ; all’incontro partecipa anche il Tetrarca Erode Antipa.

b.      In Giudea le autorità romane sembrano diventare più tolleranti: Vitellius nomina uno dei suoi generali, Marzellus, quale Prefetto (anche se senza deleghe imperiali) e sostituisce il Sommo Sacerdote Caifa con suo cognato Jonathan.

Pilato, sempre nell’anno 36 e.v.,  venne richiamato a Roma. Tertuliano, all’epoca di Settimio Severo ( quindi oltre 160 anni dopo i fatti) argomentò per far riconoscere il Cristianesimo quale religione lecita affermando:

1.      Che a Pilato sia stato rimproverato, come ingiusta, la condanna a morte di Gesù Cristo. Non tiene conto della natura tirannica dell’Impero Romano dove chi non era cittadino romano era privo di garanzie giuridiche.

2.      Che Tiberio volesse rendere il  Cristianesimo  “religione lecita”. Non tiene conto del fatto che nell’anno 35 e.v.  non c’era ancora la separazione fra le comunità ebraiche e quelle cristiane.

E’, invece, molto più plausibile che il nuovo Legato per la Sira volesse solo sapere se Pilato per caso non aveva mandato a morte un re o principe di uno dei due regni ebraici vassalli che avrebbe potuto essere un prezioso ostaggio nelle dispute con il Gran Re dei Parti.

Filone di Alessandria cita una lettera di Erode Agrippa I° (nipote di Erode il Grande) a Caligula (succeduto a Tiberio nell’anno 37 e.v.) dove è scritto  “non vi è arbitrio che Pilato non commise in Giudea”. Degli arbitri e della crudeltà di Pilato parla anche Giuseppe Flavio.

Morte di Tiberio nell’anno 37 e.v. e Caligula divenne il nuovo imperatore. Vitellius si adeguò rapidamente al nuovo corso filo ellenista e sostituisce il Sommo Sacerdote Jonathan con il fratello Theophilo, ritenuto più ubbidiente. Marullus è il nuovo Prefetto in Giudea.

Prime limitazioni all’autonomia del Tetrarca della Galilea, Erode Antipa, il cui conflitto con il re dei Nabbatei è visto con disapprovazione dal Proconsole. Vitellius.

Nell’anno 39 e.v.Erode Antipa  venne esiliato perché sospettato di idee rivoluzionarie avendo ammassato troppe armi. Tetrarca della Galilea divenne Erode Agrippa.

Nipote di Erode il Grande, era vissuto per molti anni a Roma dove aveva stretto molte amicizie; con il nuovo imperatore, con altri membri della famiglia imperiale, ecc. Nell’anno 37 e.v. ottenne un piccolo territorio ad est del Giordano. Grazie alle sue amicizie romane riuscì ad aiutare la comunità ebraica di Alessandria nel conflitto  con  i greci.  Riuscì poi a convincere Caligula a non insistere nella pretesa di venire adorato come divinità nel Tempio di Gerusalemme e nelle sinagoghe. Nell’anno 41 e.v. il nuovo imperatore Claudio gli concesse di ricostituire il Regno di Giudea di Erode il Grande. Dopo 35 anni di malgoverno tirannico dei prefetti romani ciò venne visto dal popolo quale segno di miglioramento. Molti si erano ormai resi conto che un re “peccatore” era sempre meglio di un prefetto romano.

Infatti, Erode Agrippa a Gerusalemme si mostrava devoto – nel Tempio venne acclamato con le parole “non piangere Agrippa, sei nostro fratello” -  ma aveva l’abitudine di recarsi spesso a Cesarea per farsi festeggiare  (o adorare) dai cittadini greci della città.

Per Erode Agrippa - che certamente non comprese le questioni dottrinali - i cristiani erano dei sostenitori di Casa di David e contrari a Casa di Erode; ciò spiega la sua ostilità: Pietro viene arrestato e portato in  prigione. Ma neanche il re (cioè Erode Agrippa) ha il potere di far riunire il Sinedrio quale tribunale nei giorni precedenti Pesach/Pasqua. Pietro riesce a fuggire.

L’iniziativa di Erode Agrippa di invitare altri re vassalli ad una riunione a Tiberiade venne vista male dal Proconsole che intimò agli ospiti di ritornare subito nei loro “regni”.

 Erode Agrippa muore improvvisamente nell’anno 44 proprio a Cesarea in circostanze oscure; in Atti degli Apostoli è detto che era stato beccato da un uccello.

L’Imperatore Claudio trasformò tutto il regno  nella provincia imperiale di confine Giudea sotto un prefetto. Al giovane figlio,Erode Agrippa II°,  venne assegnato un piccolo regno nelle montagne del Libano e la carica di supervisore del Tempio di Gerusalemme.

Non appena consolidata la propria posizione – venne acclamato nel Tempio “… sei nostro fratello” – Erode Agrippa  consentì  la venuta a Gerusalemme della madre Helene e di alcuni figli di Izates, re dell’Adiabene.  Negli anni successivi i reali dell’Adiabene  vennero considerati da molti come un punto di riferimento. Re Monobaz, fratello e successore di Izates, molti anni più tardi poté visitare Gerusalemme e partecipare alla cerimonia dell’Osanna al Tempio di Gerusalemme. Le due nuove dinastie ebraiche, che non discendevano da Casa di David, si erano accordate per una coesistenza.

La nuova Provincia della Giudea comprendeva la Giudea vera e propria, la Samaria, la Galilea, l’Idumea e la Perea oltre il Giordano. Si ebbe una crisi economica con una carestia negli anni 48 e 49 e.v. e per cui si accentuarono le differenze e contrasti fra ricchi e poveri. Molti predicatori e falsi profeti sfruttano l’attesa messianica del popolo per trascinare le masse ad atti inconsulti e trovano ascolto anche fra i sacerdoti del Tempio che abbandonarono la linea della prudenza dei loro predecessori. Le autorità romane erano sempre meno capaci di  assicurare l’ordine e il rispetto della legge. C’era ìl crescente terrore esercitato dai “Sicari” (gruppo formatosi fra gli Zeloti) che, con i  loro pugnali ricurvi, uccisero le  persone note per prudenza.

Nell’anno 54 e.v. morte di Claudio e Nerone divenne nuovo Imperatore. Durante i primi anni era manovrato dalla madre e influenzato dal Filosofo Seneca.

Nell’anno 55 e.v. scoppiò una nuova guerra fra Roma e il Regno dei Parti per la designazione del re in Armenia; nell’anno 63 e.v. si ebbe un compromesso.

Gli ultimi due Prefetti della Giudea accentuano lo sfruttamento economico: tassazione eccessiva e grande corruzione  secondo il detto: “Povero giunse nella ricca Siria; lasciò ricco la Siria povera”:

La corruzione, gli arbitri e la crudeltà dell’ultimo Prefetto – Cessius Florus – provocarono prima disordini e poi la ribellione popolare contro Roma, anche per i duri conflitti fra Ebrei e Greci a Cesarea. A Gerusalemme prese il sopravvento il partito degli Zeloti in divergenza con il più radicale gruppo dei Sicari. Alla rivolta aderirono anche “sacerdoti patriottici” e gruppi provenienti dall’Idumea. Oltre ai giudeo-cristiani anche altri lasciarono Gerusalemme dove in breve tempo fra i vari gruppi iniziarono scontri nei quali caddero più ebrei che romani.

Iniziò la Guerra Giudaica con l’intervento del Proconsole della Siria Gallus che assediò Gerusalemme per alcuni gironi e venne attaccato e sconfitto rovinosamente durante il ritiro. Questa iniziale vittoria, che richiamò le gesta dei Maccabei, rafforzò il partito della guerra.  Si ebbero contrasti fra Zeloti e Sicari.

Nerone richiamò sia Gallus che Florus e nominò Vespasiano - esperto generale che già aveva represso una rivolta in Britannia - al comando in Giudea. Vespasiano riconquistò subito la Galilea e, dopo alcuni mesi la parte occidentale della Giudea e la Perea.  I Romani conoscevano bene sia il territorio che le fortezze per via della precedente occupazione; di ciò non tengono conto le diverse accuse di tradimento riportate in letteratura.   Alla morte di Nerone nell’anno 68 e.v. si ebbe una pausa nei combattimenti.

Nel mese di giugno dell’anno 69 e.v. venne occupato il territorio vicino a Gerusalemme. L’’elezione del nuovo Imperatore portò ad una nuova pausa dei combattimenti che però non venne usata né per cercare una soluzione pacifica/politica né per preparare una migliore difesa della città dove, invece, proseguirono le lotte intestine fra i rivoluzionari.

Vespasiano, nuovo Imperatore, lasciò il comando al figlio Tito, nominato Legato per la Giudea, che diede inizio all’assedio di Gerusalemme nel mese di Aprile dell’anno 70 e.v. in coincidenza con la festa di Pesach. Nel corso del duro assedio il Tempio venne distrutto da un incendio. 

La resistenza degli Zeloti proseguiva in alcune fortezze sul Mar Morto, a lungo assediate dalla Legione; ultima a cadere fu la fortezza Masada nella primavera dell’anno 73 e.v. Sempre nell’anno 73 e.v. la cavalleria del regno degli Alani, alleato con l’Impero Romano,invase l’Adiabene, regno ebraico, e la Mesopotamia pure con una forte comunità ebraica.

Città e nazione erano ormai distrutte.

Vi furono molti morti e molti vennero venduti nei mercati di schiavi o mandati a morire negli spettacoli circensi. Ciò che era stato Terra di Israele con alcune norme a tutela del carattere sacro della città di Gerusalemme perse, anche giuridicamente, il proprio carattere ebraico. Vennero fondate alcune città romane  e si ebbero espropri di terre; in molti casi i precedenti proprietari vennero ridotti ad affittuari con i rapporti regolati dalle dure norme romane.

Venne abolito sia la carica di Sommo Sacerdote . che i Romani dall’anno 161 a.e.v. con gli accordi conclusi da Giuda Macabeo avevano considerato il rappresentante di tutto il popolo ebraico che il Sinedrio. Venne istituito il Fiscus Judaicus; i contributi annuali che dalla Diaspora venivano inviati a Gerusalemme per il Tempio dovevano ora andare a finanziare il Tempio di Giove di Roma. E’ forse il primo esempio di una prestazione umiliante imposta agli Ebre,i in quanto tali, per poter continuare ad osservare i Precetti.

Alcuni dei Sicari provarono a proseguire la loro lotta in Egitto. Ciò portò il Prefetto Lupus ad ordinare la chiusura del Tempio di Onias a Leontopoli e, in seguito, la confisca del  relativo patrimonio. Vennero vietate riunioni di preghiera in quel luogo.

Altri disordini vennero fomentate a Cirene dal falso messia Jonathan che, dopo essere stato catturato, disse di essere stato appoggiato da grandi mercanti ebrei di Alessandria d’Egitto e Roma. Su intervento di Erode Agrippa II°  Vespasiano e Tito assolsero questi ebrei dalle accuse, sostenute, invece, dal Legato di Cirene.   

 

LA SEPARAZIONE FRA LE COMUNITA’ CRISTIANE E QUELLE EBRAICHE

All’inizio della Guerra Giudaica i Giudeo-Cristiani Ebioniti riuscirono a lasciare Gerusalemme e trasferirsi nelle città greche della Decapoli. Gli Ebioniti erano i membri della prima comunità cristiana di Gerusalemme  guidata da Giacomo, parente di Gesù.  Il gruppo per oltre tre secoli riusciva a scegliere le proprie guide nell’ambito della Famiglia del Fondatore. Per negare l’obbligo dell’osservanza di alcuni precetti arrivarono a negare l’autenticità di molti Libri della Bibbia. Ne deriva la dura polemica fra ebrei e giudeo-cristiani con la formula  “Per gli eretici non ci sia speranza” nelle “Diciotto Benedizioni”  Pure la frase che “se fosse stato in Egitto non sarebbe stato liberato” a commento della domanda, provocatoria, “Che significa per voi questa notte?” riferita alla notte del primo giorno di Pesach quando si ricorda l’Esodo dall’Egitto è riconducibile a questa dura polemica.  Negando la celebrazione dell’Esodo dall’Egitto e l’autenticità di Libri della Bibbia gli Ebioniti e,forse, anche altri gruppi di Giudeo-Cristiani, scelsero di escludersi dal popolo ebraico. 

Nella Diaspora nell’Impero Romano si diffuse la Predicazione Paolina che non richiedeva la Circoncisione per la conversione; alle comunità cristiane poteva quindi aderire anche chi era nato pagano ma non voleva essere circonciso. Inoltre la Predicazione Paolina rimandava la speranza del Regno dei Cieli ad un futuro non meglio precisato mentre  la Predicazione dei Maestri Ebrei attendeva il Messia in un futuro prossimo quale l’Anno Giubilare. Ciò significava che lo schiavo battezzato ma non circonciso non aveva la prospettiva di venire liberato dopo alcuni anni, doveva solo venire trattato come un fratello. Evitando di apparite come contestatori del sistema economico-sociale basato anche sulla schiavitù la Predicazione Paolina si diffuse nel  ceto degli artigiani greci. Invece gli Ebrei erano invisi presso i greci tra altro perché lo schiavo circonciso, secondo le norme della Torah, aveva la prospettiva di venire liberato dopo alcuni anni.

L’attesa ebraica del Messia per l’Anno Giubilare 85/86 e.v. mise in sospetto le autorità romane, ciò spiega i primi provvedimenti di Domiziano contro Ebrei e Tementi di D’O (personalità romane che simpatizzavano per la dottrina ebraica anche senza la conversione). Non risulta, invece, che la Predicazione Paolina abbia attribuito importanza a quell’Anno Giubilare.

La Predicazione Paolina riconosceva l’autenticità di tutti i Libri della Bibbia  anche se le interpretava differentemente. Inoltre, riconosceva come autentici alcuni Libri che non venero  inclusi nel canone ebraico. La divergenza era quindi solo sull’interpretazione dei Libri.

Grande importanza del Fiscus Judaicus in quanto l’ebreo pagando il tributo del Fiscus Judaicus si assicurava la possibilità di praticare il culto nelle Sinagoghe che, per antiche leggi romane, di Cesare, erano esenti dalle limitazioni sulle associazioni e unioni varie.

Vespasiano e Tito vengono descritti come tolleranti e per gli anni del loro governo non si hanno notizie di persecuzioni contro ebrei e cristiani.

Domiziano nei primi anni del suo governo era impegnato in alcune guerre contro Germani e Daci. Durante gli ultimi anni del suo dominio volle accentuare la centralità dell’Impero con la deificazione della propria persona. Rese più rigoroso il Fiscus Judaicus prevedendo accertamenti umilianti per verificare se un uomo fosse circonciso

Dopo la morte di Domiziano il nuovo Imperatore Nerva riconobbe la distinzione fra ebrei e cristiani che vennero quindi esentati dal tributo del Fiscus Judaicus.

Ad oltre un secolo dalla Fuga in Egitto della Sacra Famiglia il Cristianesimo venne riconosciuta come culto diverso dall’Ebraismo. Ma l’esenzione dal tributo del Fiscus Judaicus non comportava l’esenzione di partecipare ai vari culti di fronte alle immagini imperiali il che spiega in parte le varie persecuzioni contro i Cristiani nei secoli successivi.

Le due comunità erano ormai separate; separazione suggellata dall’elezione del primo vescovo non circonciso.

 

WOLF MURMELSTEIN