Torino Film Festival

AI SIGNORI CRITICI CINEMATOGRAFICI

B. Murmelstein
B. Murmelstein

 Al Torino Film Festival, sezione documentari, la Giuria ha attribuito il Premio Speciale ex aequo  in  un   modo “politicamente corretto”,  ai film WOLF – ricordi di un sopravvissuto alla Shoah – di Claudio Giovannesi e … STRIPLIFE – sulla Striscia di Gaza – di un gruppo di registi. Sorge spontanea la domanda se è stata ripresa la scritta murales su una strada di Gaza, rilevata da giornalisti Reuter, che invoca: “Olocausto in Israele”

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In questa sede si espongono alcune precisazioni riguardo al film “WOLF” basato sulle conversazioni fra il Prof. David Meghnagi (Direttore del Master “Didattica della Storia della Shoah, Università Roma3) e Wolf Murmelstein, figlio dell’ultimo Decano del Ghetto Modello di Terezin, che da molti anni è impegnato a ristabilire importanti verità storiche sulla Shoah e di ristabilire cosi la buona fama del Padre come di tutti i dirigenti ebrei, morti martiri, del TEMPO DI QUELLA TENEBRE.

La lettura delle prime critiche evidenzia la necessità di ripetere le seguenti precisazioni:

1. Benjamin Murmelstein nel 1938 era il più giovane fra i 18 rabbini comunitari di Vienna e nel 1939 era l’unico rimasto. Nel 1938 aveva accettato l’incarico di organizzare l’emigrazione; dal 1938 al 1941 da Vienna hanno potuto emigrare verso la salvezza oltre 120.000 (centoventimila) persone.

2. Benjamin Murmelstein, con la famiglia, venne deportato nel gennaio 1943 a Terezin e nominato Pro-Decano. Il 27 Settembre 1944, in un momento drammatico, dovette assumere la responsabilità del Ghetto.

3. Risulta dagli atti del competente Tribunale del Popolo che Benjamin Murmelstein si era rifiutato di compilare le liste di deportazione e che la selezione venne fatta dal Comando nazista. Esponendo varie motivazioni, Benjamin Murmelstein riuscì a far esentare dalla deportazione – e senza sostituzioni - circa 500 persone.

4. Agendo energicamente per una equa distribuzione del cibo e contro vari abusi, riuscì a migliore le condizioni di vita e realizzare,  col duro lavoro  dei pochi validi ancora presenti, le condizioni necessarie per la visita della Croce Rossa Internazionale, 6 Aprile 1945. I delegati compresero la richiesta di aiuto inserita di un discorso di saluto e si adoperarono immediatamente per la salvezza. Il 5 maggio 1945 il Ghetto - circa 19000 sopravvissuti – venne preso in consegna dalla Croce Rossa; l’Armata Rossa arrivò tre giorni dopo.

5. Le accuse di collaborazionismo e relativi processi erano parte delle manovre comuniste  per la conquista del potere e facevano comodo agli spettatori che erano stati al sicuro all’estero e a chi non aveva fatto alcunché per aiutare. Ciò spiega anche l’atteggiamento di certo “establishment” ebraico che arrivò fino al crudele diniego della sepoltura di Benjamin Murmelstein nella tomba della moglie.

6. Il figlio Wolf, cosi umiliato, si trovò quindi nella necessità di affrontare e confutare calunnie e dicerie. Da qui il suo impegno per lo studio della storia della Shoah e ristabilire cosi molte verità storiche, scomode per alcuni e  troppo difficili per certi articolisti.

7. Parlare a questo proposito di conflitto psicologico padre-figlio o di sdoppiamento di personalità è, perlomeno, riduttivo. Chiaramente ogni figlio soffre per l’emarginazione della propria famiglia come per le accuse diffamatorie e insulti contro il padre.

8. La testimonianza di Benjamin Murmelstein, il teste mai sentito, è riassunta nel film di Claude Lanzmann L’ULTIMO DEGLI INGIUSTI – presentato fuori concorso al Torino Film Festival - e nel libro B. Murmelstein TEREZIN, IL GHETTO MODELLO DI EICHMANN, Editrice LA SCUOLA 2013.

    E’ auspicabile che i Signori Critici Cinematografici nelle loro prossime recensioni tengano conto di quanto sopra precisato.         

             

 

            Wolf Murmelstein        wolf.murmelstein@gmail.com