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Il primo conflitto con i Nabbatei finì con la sconfitta in una terribile battaglia che, forse, portò i Farisei ad organizzare contestazioni violente nel Tempio, la  prima il Giorno di Kippur al momento che Alessandro Iannait, quale Sommo Sacerdote, dove implorare il Perdono dei Peccati e la seconda, invece, a Succot con il lancio d etroghim  proprio quando Alessandro Iannait, Sommo Sacerdote, si apprestava a celebrare il Sacrificio.

Aver incitato una folla di decine di migliaia di fedeli ad atti di contestazione nel Tempio, e proprio  nel momento culminante della giornata, costituì una gravissima responsabilità, sia per il sacrilegio compiuto che per aver provocato il, prevedibile, intervento dei soldati. Scoppiò quindi una guerra civile che durò otto anni e nella quale, chiamato da quella parte dei Farisei che anteponeva gli interessi di partito anche all’indipendenza, intervenne anche il seleucida Demetrio III°, a propria volta in lotta con pretendenti rivali. La vista del re in fuga sulle montagne dopo la sconfitta fece riflettere molti sull’assurdità della situazione: il successore di Antioco IV° Epiphanes chiamato proprio dai “devoti” contro il pronipote di Mattatia Asmoneo.  Con il ritiro di Demetrio la guerra civile volse a favore di Alessandro Iannait che alla fine fece giustiziare circa 800 oppositori/traditori; altri andarono in esilio.

Nei rotoli di Qumran si accenna ad un “sacerdote empio” che perseguitava il “maestro di giustizia”; si ritiene che si alluda proprio ad Alessandro Iannait, che, dopo aver messo a tacere l’opposizione riprese le sue campagne e arrivò ad un nuovo conflitto  con i Nabbatei che, a prescindere dalla dubbia opportunità dell’espansione territoriale ad est del Giordano, danneggiava economicamente la Giudea. Infatti, con Gionata e Simone il porto di Giaffa era stato inserito nella via commerciale del commercio carovaniero della “via delle spezie” che dall’Arabia Felix (Regno dei Sabei) lungo la costa del Mar Rosso portava merci pregiate verso il Mediterraneo, traversando anche il Regno dei Nabbatei. e garantiva cosi un certo livello di benessere in tutta la regione. I dazi di transito, poi, fornivano i mezzi per mantenere le opere di irrigazione.

Alla morte di Alessandro Iannait nell’anno 76 il Regno Asmoneo  aveva raggiunto la sua massima estensione territoriale ma era debole sia per la lotta fra i partiti che per la presenza, entro i suoi confini, di varie minoranze infide.

Il governo venne assunto dalla vedova, Alessandra Salomè (76-67) che nominò il suo primogenito,

Hircanos, Sommo Sacerdote e iniziò una politica tanto favorevole ai Farisei che alcuni esponenti Sadducei, appoggiati dal secondogenito Aristobulo, chiesero garanzie per la propria sicurezza.

Sul piano internazionale Alessandra Salomè, con saggia prudenza, si astenne da ulteriori imprese militari di conquista.

Infatti la Terza Guerra di Ponto si risolse, alla fine, con la vittoria di Roma che cosi poté istituire la nuova provincia di Ponto e Bitinia e ampliare quella di Cilicia; la maggior parte dell’Anatolia era in quegli anni già sotto il diretto dominio di Roma.

A Roma da una parte si ebbe la rivolta degli schiavi sotto la guida di Spartaco e dall’altra una dura lotta fra varie fazioni di senatori e cavalieri  al termine delle quali emerse la figura di Pompeo,  inviato in Oriente prima per affrontare Tigranes dell’Armenia e poi per stabilirvi l’ordine romano.

La missione di Pompeo in Oriente coincise con la morte di Alessandra Salomè nell’anno 67 e con l’inevitabile conflitto per la successione fra Hircanos, appoggiato dai Farisei, e Aristobulos, seguito  dai Sadducei che già in precedenza avevano occupato molte fortezze; con la sconfitta di Hircanos  Aristobulo II°  divenne Sommo Sacerdote e re.

Al debole Hircanos, si propose però, quale consigliere, Antipater, nobile idumeo, suggerendogli di  rivolgersi ad Aretas, re dei Nabbatei, disponibile ad intervenire in cambio della restituzione delle 13 città conquistate da Alessandro Iannait. Aristobulo venne sconfitto ed assediato a Gerusalemme.

Sembrava la vittoria di Hircanos II°, del re nabbateo Aretas e dell’idumeo Antipater, il cui ruolo effettivo costituisce un mistero della storia e sul quale si possono fare solo delle congetture.

Ma nello stesso anno – 64 a.e.v. - Pompeo, ancora impegnato nella guerra contro Tigranes d’Armenia, inviò il proprio luogotenente Scaurus in Siria per deporre il re Antioco XIII° e, con l’aggiunta delle città fenice, trasformarla in provincia; il dominio diretto romano era ormai giunto al confine della Giudea. Pompeo quindi inviò in Giudea il suo luogotenente Scaurus che ricevette  le delegazioni dei gruppi rivali che gareggiavano nell’offrire denaro ma,  ritenendo pericolosa per Roma l’alleanza fra Aretas, Hircanos e Antipater, decise a favore di Aristobulos.

Nell’anno 63 Pompeo si recò personalmente a Damasco dove ricevette ben tre delegazioni ebraiche che cercarono di ottenere il suo appoggio: oltre a quelle di Hircanos e di Aristobulos si presentò anche una “del popolo”, ciòé dei Farisei che chiesero espressamente l’abolizione del regno. Pompeo non prese decisioni ma ammonì, ipocritamente, le tre parti a mantenere la calma fino a quando lui avrebbe avuto il tempo necessario per sistemare le cose in Giudea. Questo rinvio illuse Aristobulo di poter ritornare in Giudea ma venne inseguito da Pompeo, che considerò questa partenza quale disubbidienza. Seguì un incontro nella fortezza di Alexandrium dove Pompeo ad un certo punto, troncando la discussione, ordinò la consegna delle fortezze. Aristobulo, anche se riluttante, diede gli ordini ai comandanti ma si ritirò a Gerusalemme, forse per prepararsi alla guerra. Inseguito sempre da Pompeo lo incontrò nei pressi di Gerico. Il patto di resa non venne però accettato dai sostenitori di Aristobulo che chiusero l’ingresso di Gerusalemme di fronte ai romani, forse confidando nella venuta vittoriosa del Messia alla fine dell’anno giubilare 64/63.

Il popolo di Gerusalemme si trovò diviso fra i sostenitori di Aristobulos, che si ritirarono sul Monte del Tempio, dove vennero assediati per circa tre mesi, e quelli di Hircanos i quali, invece, aprirono le porte della città a Pompeo. Al momento dell’attacco finale contro il Tempio molti dei difensori, seguaci di Aristobulo, vennero uccisi da quelli di Hircanos. Pompeo, con il suo seguito, pretese di entrare nel Tempio, anche nella parte più sacra, ma, evitando saccheggi, si limitò ad imporre un pesante tributo.

Nei giorni successivi, ormai su ordine di Pompeo, il Tempio venne pulito dalle impurità lasciate dalla battaglia fraticida e venne ripresa la celebrazione dei riti. La Giudea aveva perso l’indipendenza e venne ridotta alla sola zona di Gerusalemme e parte della Galilea, ma senza contiguità territoriale. Le città costiere ebbero la “libertà” che significava la loro dipendenza diretta dal governatore della Siria. Hircanos II° ebbe il titolo di “etnarca”, titolo creato specificamente per lui, e divenne Sommo Sacerdote. Antipater, rimasto al fianco di Hircanos come “consigliere”, si impadronì del governo e delle trattative con i Romani.

Dalla liberazione di Gerusalemme e la riconsacrazione del Tempio, nell’anno 164 a.e.v., da parte dei  Maccabei, era passato circa un secolo. Invece del suono delle trombe annuncianti la venuta del Messia negli ultimi mesi dell’anno giubilare 64/63 nell’area del Tempio si erano sentite le grida di una sanguinosa battaglia tra le opposte fazioni.

L’indipendenza che era stata ottenuta per i meriti dei Maccabei e dei loro compagni di lotta venne persa per le colpe della generazione dei pronipoti.

 

Wolf Murmelstein 

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